Il 12 e 13 giugno del 2011 gli italiani dissero chiaramente di non volere che l’acqua fosse fonte di profitto per i privati, ma governo ed enti locali (tranne qualche eccezione) si rifiutano ancora di applicare il referendum. Nel frattempo Global Research mette in fila le speculazioni finanziarie di grandi colossi bancari, che stanno acquistando fonti idriche a ritmi vertiginosi.

I Colossi si comprano l’acqua

Le banche di Wall Street stanno acquistando l’acqua in tutto il mondo ad un ritmo senza precedenti. Note mega-banche e colossi d’investimento come Goldman Sachs, JP Morgan Chase, Citigroup, UBS, Deutsche Bank, Credit Suisse, Macquarie Bank, Barclays Bank, the Blackstone Group, Allianz, e HSBC Bank, tra le altre, stanno consolidando il loro controllo sull’acqua.
La notizia di per sè non è nuova, ma grazie ad un’analisi di Global Research , si possono tracciare tutte le operazioni degli ultimi tempi, con un ritmo sempre più elevato.

Non è un caso, infatti, se il maggior economista di Citigroup, Willem Buitler, nel 2011 disse che “L’acqua diventerà il bene più importante, di gran lunga più del petrolio, del rame, delle risorse agricole e dei metalli preziosi”. A pensarla nello stesso modo è Andrew Liveris, amministratore delegato dell’azienda chimica Dow, secondo cui “L’acqua è il petrolio del 21° secolo” Il sottotesto mai esplicitato è che ora la finanza vuole tenere nelle proprie mani questo potere. Una questione che fa il paio con alcune controversie registrate, ad esempio, negli Stati Uniti, a cui è stato impedito ad allevatori e agricoltori di raccogliere acqua piovana. Il caso più noto, almeno finora, è quello avvenuto in Oregon, dove a Gary Harrington è stato proibita la raccolta dell’acqua piovana in tre laghetti situati sulla sua proprietà privata. L’uomo si è beccato 9 imputazioni e una condanna a 30 giorni di prigione.

Banche e finanza, dunque, stanno comprando migliaia di ettari di terreno con falde acquifere, laghi, diritti di sfruttamento, aziende di erogazione, azioni in compagnie di ingegneria e tecnologia dell’acqua. “È un settore in cui il ritorno dell’investimento è rapido e piuttosto sicuro – spiega ai nostri microfoni Riccardo Petrella, economista e figura di riferimento dei Movimenti per l’Acqua”.
Secondo Petrella, quello che sta accadendo dimostra ancora una volta l’impotenza della politica di fronte alla finanza e spiega come mai i governi, nonostante le chiare indicazioni dei cittadini, non riescano o vogliano abolire la remunerazione del capitale dalle bollette idriche.

Fra qualche giorno, infatti, sarà il terzo anniversario del referendum italiano sull’acqua pubblica. Il 12 e 13 giugno del 2011, 27milioni di elettori dissero chiaramente che non volevano che i privati facessero profitti e speculazione su un bene fondamentale e limitato come l’acqua.
Da allora la vittoria referendaria è stata disattesa a suon di rinvii, scaricabarile, menzogne, cambiamenti lessicali ma non sostanziali sulla remunerazione del capitale pagata dai cittadini.
I tre anni trascorsi, però, sono stati anche anni di battaglie, cause, autoriduzioni, pronunce di tribunali e atti concreti di qualche piccola e coraggiosa Amministrazione che ha dato seguito al volere dei cittadini, riportando l’acqua sotto il profilo, formale e sostanziale, del pubblico.