Prorogando le concessioni per il servizio idrico la Regione Emilia-Romagna ha fatto un grande regalo ai privati o prepara il terreno per la ripubblicizzazione? Mentre referendari per l’acqua pubblica e ambientalisti si preparano ad andare in presidio, il consigliere regionale di Emilia-Romagna Coraggiosa, Igor Taruffi, non ci sta ad essere accusato di aver favorito la gestione privata dell’acqua e motiva la scelta di approvare la delibera che ha posticipato al 2027 la scadenza delle concessioni per Hera e le altre multiutility del nostro territorio.

Acqua pubblica, la protesta contro la mossa della Regione Emilia-Romagna

Si terrà alle 14.30 proprio sotto i palazzi di Viale Aldo Moro, sede della Regione Emilia-Romagna, il presidio indetto dai comitati dell’acqua pubblica e dagli ambientalisti che scendono al loro fianco contro la decisione della Regione di prorogare al 2027 la scadenza delle concessioni per la gestione del servizio idrico. Una manifestazione di protesta per quello che, secondo gli organizzatori, rischia di costituire l’azzeramento di un possibile percorso per la ripubblicizzazione dell’acqua, questione aperta ormai dieci anni fa col referendum che bloccò l’ondata di privatizzazioni voluta dal governo Berlusconi.

La fine del 2021 era molto attesa a Bologna, quando sarebbe scaduta la concessione ad Hera e, nell’auspicio dei referendari, sarebbe potuta cominciare una discussione sulla ripubblicizzazione, così come già avvenuto a Parigi e come si sta facendo anche a Barcellona. Su impulso dei comitati e in accordo con Atersir, inoltre, l’Università di Bologna si era predisposta a realizzare uno studio di fattibilità proprio per verificare la sostenibilità e i costi di un ritorno all’acqua pubblica.
Un emendamento approvato dalla Regione, invece, procrastina di altri cinque anni l’attuale gestione e ciò viene vissuto come un grande regalo ai privati.
«Ricordo che a fine 2021 sarebbe scaduto l’affidamento ad Hera per quanto riguarda Bologna, nel 2023 sarebbe toccato a Forlì, Cesena e Ravenna, mentre nel 2024 a Modena e Ferrara», osserva ai nostri microfoni Corrado Oddi del Coordinamento regionale Acqua Pubblica.

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La visione di Taruffi: «mossa per, non contro l’acqua pubblica»

La proroga dell’affidamento del servizio idrico in Emilia-Romagna agli attuali gestori non è un favore ai privati, ma al contrario servirebbe per «garantire la possibilità di una ripubblicizzazione dell’acqua». A sostenerlo è il capogruppo di Emilia-Romagna Coraggiosa, Igor Taruffi, che non accetta la lettura data dai referendari alla misura che egli stesso ha votato. Taruffi sottolinea che Atersir avrebbe dovuto bandire la gara per la nuova concessione per i prossimi 30 anni e, per evitare questa prospettiva e visto che a Bologna si è deciso di affidare all’Alma Mater uno studio di fattibilità per la ripubblicizzazione del servizio idrico, la Regione ha optato per la proroga.

«Chi scenderà in piazza domani ha ragione per il fatto che dal 2011 ad oggi non ci sia stato un dibattito per la ripubblicizzazione nonostante l’esito del referendum – osserva ai nostri microfoni Taruffi – ma l’atto che abbiamo assunto in Regione era l’unica possibilità per tenere aperta quella strada, altrimenti ci sarebbe stato un privato che si sarebbe aggiudicato una gara per i prossimi trent’anni, chiudendo ogni possibilità». A suffragio della propria tesi, il consigliere regionale cita l’esempio di Reggio Emilia, dove era cominciato un percorso per la ripubblicizzazione che aveva portato inizialmente all’idea di non prorogare la concessione, ma poi tutto è naufragato perché gli enti locali hanno ritenuto di non proseguire.
Il punto, in particolare, è politico, perché la gestione pubblica o privata del servizio idrico viene decisa dagli enti locali che fanno parte di Atersir. «A Bologna adesso c’è una maggioranza diversa», osserva Taruffi, secondo cui ora nel capoluogo è possibile aprire quella discussione, contrariamente al mandato precedente.

Taruffi evoca anche le risorse in arrivo dal Pnrr, che devono essere spese entro il 2027. «Quindi serve che ci sia un gestore per metterli a terra», sottolinea il consigliere regionale, spiegando che una deroga invece della proroga non sarebbe stata possibile, perchè sarebbe mancata la copertura legislativa per i gestori.
In altre parole, senza la proroga al 2027 secondo Taruffi «non solo non avremmo ripubblicizzato l’acqua, ma avremmo anche privatizzato le attuali gestioni pubbliche».

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