Una cena di autofinanziamento al Tpo, un’assemblea a Vicolo Bolognetti e la manifestazione nazionale del 15 dicembre a Reggio Emilia. I comitati per l’acqua pubblica tornano a chiedere l’applicazione del referendum vinto un anno e mezzo fa.
È passato ormai un anno e mezzo dal 12 e 13 giugno 2011, quando i cittadini italiani dissero chiaramente, attraverso il referendum, che l’acqua doveva rimanere un bene pubblico.
Diciotto mesi in cui la politica si è infischiata del volere popolare e non ha applicato pienamente quanto sancito dalle urne. I profitti dei privati rimangono in bolletta e le aziende quotate in borsa hanno anzi proseguito sulla strada che avvicina alla privatizzazione, come nel caso della fusione tra Hera ed Acegas.
I referendari del Comitato Acqua Bene Comune, però, sono tutt’altro che intenzionati a mollare e tornano alla carica in questa fine anno con diverse iniziative, l’ultima delle quali è la manifestazione di Reggio Emilia che si svolgerà il prossimo 15 dicembre.
Per preparare l’evento, i comitati bolognesi daranno vita ad una cena di autofinanziamento e ad un’assemblea.
La cena si svolgerà giovedì 6 ottobre al Tpo di via Casarini e avrà un menù con prodotti locali e in prevalenza a filiera corta (per prenotazioni e informazioni: 335-7307499 oppure bologna@acquabenecomune.org).
L’11 dicembre, invece, i cittadini che hanno a cuore l’acqua come bene pubblico si troveranno alle 20.30 nella Sala “Silentium” del Quartiere S. Vitale, in Vicolo Bolognetti, per l’assemblea ““Acqua e Beni Comuni. Democrazia o mercato” a cui parteciperà Renato Di Nicola, del Movimento Europeo Acqua.
Per partecipare alla manifestazione nazionale di sabato 15 dicembre a Reggio Emilia, inoltre, il comitato bolognese mette a disposizione dei pullman (per prenotare: 3487983359 – 3357307499 – 3774823271 oppure bologna@acquabenecomune.org).
“Sarà una giornata per affrontare la crisi proponendo un nuovo modello di sviluppo e un rinnovato intreccio con tutti i movimenti in lotta per quei beni, servizi e risorse che non possono essere considerati come merce con cui farci pagare il debito e toglierci il futuro”, scrivono gli organizzatori, che ribadiscono anche che difendendo l’acqua pubblica si difende anche “il territorio dalla cementificazione e da grandi opere non necessarie”.