Anche a Bologna le categorie più fragili, gli ultimi, continuano ad incontrare problemi e discriminazioni, che la pandemia non ha certo migliorato. È quanto è emerso ieri nel corso delle commissioni comunali congiunte Parità e pari opportunità e Sanità, politiche sociali, sport, politiche abitative, che si sono riunite per affrontare il tema della della tutela dei senza fissa dimora durante la pandemia.
Negli interventi di Caritas Diocesana e Avvocato di Strada, in particolare, sono emerse due criticità che riguardano l’accesso agli affitti e ai vaccini.

Accesso all’affitto, i bolognesi discriminano alcune categorie

A sollevare il tema degli affitti è stato don Matteo Prosperini della Caritas. «È importante agire con un’azione culturale – ha sollevato Prosperini – Se penso a quante abitazioni sono vuote e al problema casa che c’è ed è un problema discriminatorio». In particolare, l’esponente della Caritas parla della diffidenza che i proprietari di case hanno nei confronti di certe categorie sociali, ragione per cui non viene data loro un’opportunità. «Ci sono persone che magari hanno anche un lavoro regolare a cui però non viene data una chance – continua Prosperini – Dobbiamo unirci in rete e pensare a uno slogan cittadino, per sensibilizzare quelle persone che hanno delle case, ma per barriere culturali e diffidenze non affittano a certe categorie».

Il tema delle discriminazioni negli affitti a Bologna non è nuovo. Già prima della pandemia, negli anni scorsi, in città si erano registrati casi di proprietari di abitazioni che escludevano i migranti dalle persone a cui poter affittare il proprio alloggio.
In città, per le persone senza casa seguite delle associazioni e dai servizi sociali, è attivo anche il progetto “Housing first”, dove sono realtà del Terzo Settore, come Piazza Grande, a fare da intermediari e da garanti per l’affitto di alloggi. Un’intermediazione necessaria anche per superare diffidenze, pregiudizi e stereotipi nei confronti di categorie emarginate.

Accesso ai vaccini, chi dorme in strada è escluso

A discriminare, però, non è solo la cittadinanza. Nella stessa riunione di ieri, Antonio Mumolo, presidente di Avvocato di Strada e consigliere regionale, ha sollevato il tema dell’accesso ai vaccini per i senza fissa dimora che vivono in strada.
«Dal punto di vista del diritto alla salute le persone senza dimora in questo momento sono inquadrabili in due grandi categorie – ha osservato Mumolo – quelle accolte nei dormitori e quelle che vivono per strada». Mentre per la prima categoria è già prevista la vaccinazione, grazie all’inserimento prioritario delle persone che si trovano in comunità nel piano vaccinale, per chi vive in strada, cioè la maggioranza dei senza fissa dimora, al momento non è prevista la vaccinazione.

Per ovviare al problema, Mumolo propone che in città venga creato un hub dedicato, «un luogo fisico dove, attraverso l’ausilio dei servizi sociali e delle associazioni di volontariato, possano essere vaccinate e curate le persone senza dimora».
Mumolo, nella sua veste di consigliere regionale, ha già affrontato il tema del diritto alla salute delle persone senza dimora, in particolare con una proposta di legge che ha lo scopo di permettere alle persone senza fissa dimora di avere accesso all’assistenza di un medico di base, consentendo loro di curarsi meglio e allo Stato di risparmiare. Anche le cure sanitarie, infatti, sono vincolate alla residenza e i senza tetto che hanno problemi di salute possono usufruire solamente del Pronto Soccorso.

ASCOLTA LE PAROLE DI PROSPERINI E MUMOLO: