Era il 1999 quando Medici Senza Frontiere riceveva il Premio Nobel per la Pace. Quello stesso anno l’organizzazione umanitaria lanciava una campagna per l’accesso ai farmaci, intitolata “Non chiediamo mica la luna”. Oggi Msf celebra i vent’anni di quella battaglia di civiltà, che non è affatto finita, anzi: a causa della crisi il problema ha raggiunto anche aree del mondo, come l’Europa, dove non esisteva.
Secondo un rapporto di un’altra ong, Oxfam, una persona su tre nel mondo non ha accesso ai farmaci e le ragioni sono di natura economica, sia sul lato del paziente che sul lato del produttore.

Da un lato, infatti, uno degli ostacoli principali è rappresentato dal prezzo dei medicinali, che taglia fuori le fasce più povere della popolazione, affetta anche da malattie comuni che però non riesce a curare. Poi ci sono le patologie rare, le cui cure non vengono considerate abbastanza remunerative da parte delle case farmaceutiche. O meglio: “Le case farmaceutiche non sono più interessate a produrre medicinali per la cura di malattie per niente rare, come la tubercolosi multiresistente, ma che colpiscono soprattutto persone in zone povere del mondo, che non hanno potere economico“, spiega ai nostri microfoni Roberto Scaini di Msf.

Il mercato del farmaco, però, non può essere considerato un mercato come tutti gli altri. Dovrebbe seguire un criterio etico, dal momento che la salute è annoverata tra i diritti umani. “È chiaro che chi lo produce non ci può perdere – osserva l’operatore di Msf – ma non può nemmeno essere fatta una continua speculazione”.
Un ruolo in questo campo potrebbero averlo anche gli Stati e le istituzioni pubbliche. “Lo Stato potrebbe fare ricerca sui farmaci – sottolinea Scaini – Se è vero che ci sono malattie più rare o dimenticate, lo Stato potrebbe avere le proprie risorse industriali di ricerca per trovare qualcosa di nuovo, che non necessariamente rappresenta un’opportunità di guadagno, ma che può rappresentare un’ottima opportunità per il ruolo etico che deve rappresentare uno Stato”.

Se è vero che il problema dell’accesso ai farmaci non è affatto risolto, in questi vent’anni di campagna Msf ha raggiunto qualche obiettivo, anche importante. La battaglia ha contribuito ad abbassare il prezzo delle cure per l’hiv e l’epatite C, ha stimolato lo sviluppo di farmaci per tubercolosi multiresistente, malaria o malattie dimenticate come il kala azar, ha partecipato all’implementazione del nuovo vaccino contro l’ebola.
Per l’hiv, in particolare, in un decennio è stata ottenuta una riduzione del prezzo del trattamento pari al 99%, permettendo di curare 22 milioni di persone. Per la polmonite, prima causa di mortalità tra i bambini sotto i 5 anni, la campagna ha ottenuto da Pfizer e GSK una forte riduzione del prezzo del vaccino in progetti umanitari.

La campagna di Msf, in particolare, ha cinque obiettivi. Anzitutto vuole far abbandonare i falsi miti sui prezzi elevati, che non sono sempre dettati dai costi di ricerca sviluppo e produzione; occorre anche interrompere l’abuso dei brevetti, che hanno il principale scopo di estendere i monopoli delle aziende farmaceutiche e ritardare l’introduzione sul mercato dei farmaci generici; i Paesi che vogliono esercitare il loro diritto legale per avere accesso a farmaci a prezzi accessibili – come India, Tailandia, Brasile, Colombia, Malesia e altri – devono essere autorizzati a produrre o ottenere versioni economiche di farmaci e vaccini salvavita, senza subire pressioni da parte di aziende farmaceutiche o altri paesi; la ricerca e lo sviluppo devono essere una responsabilità collettiva e le decisioni sull’accessibilità ai farmaci non devono essere considerate beneficienza, ma portare ad un reale cambiamento del sistema.

Anche i cittadini hanno un ruolo in questo campo. Anzitutto informandosi e sensibilizzandosi, ma anche alzando la voce per fare pressione sui governi e sulle case farmaceutiche. “Se grida uno da solo fa poco rumore – conclude Scaini – Se gridano in cento ecco che la voce è più imponente”.

ASCOLTA L’INTERVISTA A ROBERTO SCAINI: