Mentre il commissario, il generale Francesco Paolo Figliuolo, torna a promettere risorse economiche, che in realtà si vedono col contagocce, la vita di vive nelle zone colpite dall’alluvione e dalle frane, specie se in territori periferici, continua ad essere complicata.
La riapertura delle scuole, prevista per domani, aggiungerà un tassello alle difficoltà. Se è vero, come sottolinea la Regione Emilia-Romagna, che tutti gli istituti scolastici riapriranno regolarmente grazie alle sforzo delle Amministrazioni locali per ripristinare quelli danneggiati, è sul versante della mobilità che si registrano gli ostacoli.

A quattro mesi dall’alluvione del maggio scorso, infatti, due linee ferroviarie regionali sono ancora interrotte e ciò provocherà inevitabilmente disagi per studentesse e studenti e per le famiglie che li dovranno accompagnare a scuola, con un inevitabile aumento del traffico e dell’inquinamento.
A sottolinearlo, in una lettera aperta inviata al presidente della Regione, Stefano Bonaccini, è la Rete Emergenza Climatica e Ambientale dell’Emilia-Romagna (RECA), che sollecita viale Aldo Moro a investire sul trasporto ferroviario invece che su quello autostradale e a esercitare pressioni su Rfi affinché i collegamenti ferroviari vengano ripristinati al più presto.

Le due linee ferroviarie ancora interrotte a quattro mesi dall’alluvione

Le linee ferroviarie che non sono state ripristinate dallo scorso maggio sono la linea “transappenninica” Faenza-Firenze, chiusa nel tratto Faenza-Marradi, e la linea Faenza-Lavezzola.
La prima, in particolare, non è più interessata da frane e interruzioni e RECA domanda: «Cosa impedisce di aprirla?».
Attualmente il collegamento viene effettuato con bus sostitutivi, ma per la rete ambientalista il servizio non è paragonabile in termini di tempo, comodità ed emissioni.

«Le Ferrovie dicono che ci sono 170 fronti di frana concentrati tra San Martino e Fognano – osserva il comunicato di RECA – Dobbiamo aspettare che si muovano questi fronti o ci sono i soldi per mettere in sicurezza queste scarpate? Se dobbiamo aspettare che la natura faccia il suo corso, potrebbe volerci un secolo. Inoltre, se le frane incombono sulla ferrovia, tanto più incombono anche sulla strada, resa ancora più pericolosa dall’affollamento».
La preoccupazione, resa esplicita ai nostri microfoni da Linda Maggiori, è che l’interruzione causata dall’alluvione rappresenti l’occasione per chiudere definitivamente linee ferroviarie considerate secondarie, ma che collegano territori periferici altrimenti isolati dal trasporto pubblico.

«Tenuto conto che negli ultimi decenni in tutta Italia sono state tagliate 7000 km di ferrovie, tutte secondarie e che collegano per lo più le aree interne – ammonisce RECA – auspichiamo che questo non sia il destino della Faentina».
Non solo la Faentina, anche la ferrovia Faenza – Lavezzola è bloccata, nel suo tratto a Sant’Agata. Il ponte ferroviario come dicono i comitati degli alluvionati, va ricostruito più alto degli argini, per garantire sicurezza alla linea.
Più in generale, nella lettera aperta si chiede che si migliori anche la frequenza dei treni nelle ferrovie regionali degli Appennini (come la Porrettana).

Nella missiva, però, gli ambientalisti non mancano di sottolineare che se i finanziamenti per ripristinare e incrementare il trasporto ferroviario sembrano mancare, non altrettanto si può dire per progetti infrastrutturali autostradali. Dal Passante alla Cispadana, dalla Bretella Campogalliano-Sassuolo alla Superstrada in Valmarecchia, in Emilia-Romagna si registra una vera e propria pioggia di risorse economiche destinate alla mobilità privata su gomma.
Per questa ragione, RECA chiede «di investire sul ripristino e implementazione delle ferrovie secondarie e di abbandonare i progetti legati al traffico stradale».

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