Questa mattina, a Roma, lavoratori e lavoratrici dello spettacolo hanno occupato il Globe Theatre Silvano Toti di Roma: dopo oltre un anno dallo stop degli spettacoli dal vivo, quello che viene richiesto è una continuità di reddito e una riforma strutturale del settore, rivolto ai precari. Le loro sono dichiarazioni precise e chiare:“Non vogliamo una riapertura senza sicurezza, che ci faccia ripiombare in un mondo del lavoro ancora più incerto e privo di garanzie”.
Il mondo dello spettacolo chiede maggiori sicurezze
“A noi gli occhi, please”. Questo lo slogan dei lavoratori e delle lavoratrici dello spettacolo, che hanno deciso di occupare il Globe Theatre di Roma, il teatro che Gigi Proietti aveva diretto, e proprio all’attore scomparso lo slogan fa riferimento, richiamando un suo famoso spettacolo. La Rete dei lavoratori dello spettacolo e della cultura ha deciso di occupare, per denunciare le condizioni di difficoltà in cui si trovano, a causa della pandemia, reclamando continuità di reddito e maggiore sostegno a chi lavora nel settore degli spettacoli dal vivo. Ma soprattutto chiedono che le riaperture siano accompagnate non solo da condizioni di sicurezza sanitaria, ma da una riforma strutturale del settore, che possa mettere la parola fine alla precarietà che lo caratterizza. Una precarietà strutturale, fatta di tutele inesistenti, sfruttamento, fondi pubblici distribuiti con criteri escludenti: un sistema dunque che nega alla cultura la sua funzione di cura e costruzione della collettività e che inevitabilmente mina le nostre stesse esistenze.
“Non vogliamo una riapertura senza sicurezza, che ci faccia ripiombare in un mondo del lavoro ancora più incerto e privo di garanzie. Riapriamo questo spazio a tutte le precarie, a tutti gli sfruttati, per riappropriarci di un tempo di confronto e auto formazione”, dichiarano.
“Tutto si sta svolgendo nel rispetto delle disposizioni sanitarie, tutte e tutti i partecipanti si sono sottoposti a tampone”. E infatti il Globe Theatre non è stato scelto casualmente, ma in virtù della sua particolarità architettonica che lo rende un teatro all’aperto, quindi attraversabile con maggiore sicurezza.
Chiara Moffa