L’8 marzo, Giornata internazionale della donna, torna ad essere una giornata di lotta e mobilitazione contro le discriminazioni di genere e anche contro la violenza. Dopo due anni in cui la pandemia ha fatto da tappo alle iniziative, ma ha anche avuto impatti pesanti sulle donne stesse, anche nel nostro territorio la giornata verrà celebrata in molti modi.
Ad avere aperto le iniziative è stata la seduta solenne del Consiglio comunale e metropolitano di ieri, che dà il via ad oltre cento iniziative nell’intera Città Metropolitana. Oggi è il giorno dello sciopero femminista e transfemminista di Non Una di Meno, ma anche di altre iniziative che puntano a produrre un cambiamento sociale.

8 marzo: la mobilitazione dei centri antiviolenza

Il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna partecipa alla mobilitazione. «Questo 8 marzo non abbiamo voglia di festeggiare, la guerra in Ucraina ci addolora – osserva ai nostri microfoni Cristina Magnani, presidente del Coordinamento – La guerra è un danno per tutti, ma a pagarne il prezzo più alto sono sempre i civili e tra loro, le donne ed i bambini».
Dopo i lockdown del 2020, gli accessi ai centri antiviolenza della nostra regione l’anno scorso hanno registrato un aumento del 6,7%. Complessivamente sono 4350 le donne che si sono complessivamente rivolte ai 15 centri lungo la via Emilia, di cui un terzo straniere e due terzi italiane. La maggioranza delle donne che hanno chiesto aiuto sono anche madri e i figli hanno subito violenza, o assistita o diretta.

Gli occhi dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna sono rivolti anche alle risorse del Pnrr, la cui ripartizione provoca una certa delusione. «Le risorse stanziate sono soprattutto a favore della famiglia – osserva Magnani – cioè per gli asili e le agevolazioni delle madri lavoratrici. Problemi sicuramente meritevoli di essere trattati, ma servirebbero anche provvedimenti mirati alle donne in quanto tali, come la promozione dell’imprenditoria e del lavoro femminile, sulle politiche per le donne migranti». Senza un reddito e una propria autonomia, infatti, le donne sono relegate entro le famiglie nelle quali spesso subiscono violenza.

ASCOLTA L’INTERVISTA A CRISTINA MAGNANI:

Il centro antiviolenza di Bologna, la Casa delle Donne, parteciperà come sempre allo sciopero dell’8 marzo. Ed insiste sulla discriminazione accentuata dalla guerra. «Guardiamo con orrore e rabbia alla guerra in Ucraina e a tutte le guerre, ben sapendo che comportano un aumento della violenza contro le donne e le persone marginalizzate – scrive la Casa delle Donne – In una società patriarcale i corpi delle donne sono sempre visti come territorio di conquista, ma nella guerra questa violenza si fa più feroce, mentre l’accesso ai percorsi di fuoriuscita dalla violenza diviene ancora più difficile se non impossibile».

Oltre allo sciopero, nella giornata di oggi la Casa delle Donne sarà impegnata anche in altre iniziative, come il convegno della Federazione Autonoma Bancari Italiani sul tema della povertà di genere e della partecipazione femminile al mondo del lavoro e l’incontro-concerto dedicato a Fanny Mendhelsson nella Sala Bossi del Conservatorio G.B. Martini di Bologna, in piazza Rossini 2 alle 18.30.
Domani, invece, l’appuntamento è con “Nuda Veritas”, spettacolo di danza presso l’Oratorio San Filippo Neri in Via Manzoni 5, alle 21. L’11 marzo, invece, al centro sociale della Pace in via del Pratello 53 si terrà l’incontro “La violenza invisibile. Lesbofobia e violenza nelle relazioni lesbiche” insieme a Lesbiche Bologna. Il 12 la presentazione del libro “Io sono mia”di Luca Martini, dalle 16 alle 18, presso la Biblioteca di San Pietro in Casale. Il 15, infine, “Play4YourRights”, workshop dedicato agli strumenti educativi per il contrasto alle discriminazioni e agli stereotipi di genere nell’adolescenza, presso la mediateca di San Lazzaro in Via Caselle 22.

Fuori binario, la campagna di Arci e Comunicattive

Sempre nella giornata di oggi, 8 marzo, l’Arci lancia la campagna “Fuori binario” per la parità di genere e il contrasto delle discriminazioni. La campagna nasce da un percorso partecipato di riflessione ed elaborazione condiviso tra i comitati Arci della regione, parallelo a un ciclo di formazione rivolto a tutte le figure dirigenti e volontarie dei diversi livelli di Arci Emilia Romagna. L’idea creativa e progettuale è frutto della collaborazione con Comunicattive, agenzia specializzata in campagne di comunicazione sociale gender oriented.
Negli 800 circoli Arci dell’Emilia-Romagna, quindi, appariranno 7 diversi manifesti con altrettanti messaggi che, prendendo in esame luoghi comuni e stereotipi, puntano a confutarli.

Era ubriaca e me l’ha data”, “Sei maschio o femmina?”, “Quando ti sposi? Quando fai figli?”. Sono tre delle frasi che nella vita le donne o le persone lgbtq si sono sentite dire e che la campagna vuole mettere in discussione
«Il primo riguarda il tema del consenso – osserva ai nostri microfoni Fiore Zaniboni, responsabile sviluppo associativo e progettazione di Arci Bologna – Un sì ubriaco non è un sì e il consenso si può ritirare in qualsiasi momento, anche durante il rapporto. La terza ha come sottotesto “ma davvero ancora queste domande?”. L’eterosessualità e la maternità solo solo una delle mille possibilità che una persona ha».

Oltre ai manifesti, la campagna pone anche l’attenzione verso le sperimentazioni in corso per la ricerca di un linguaggio inclusivo. Fa, infatti, parte della campagna anche l’impegno a rendere disponibili, nei circoli in cui le caratteristiche logistiche dei locali lo permettono, bagni genderfree che superino la divisione binaria uomo/donna rendendo più accogliente la fruizione degli spazi Arci per le persone trans e non binarie. Per riuscirci sono stati realizzati degli adesivi con un approccio inclusivo sia nel linguaggio visivo, che rappresenta figure multiformi, non riconducibili al binarismo, che in quello testuale, che abbraccia l’utilizzo dello Schwa (ə / з).

ASCOLTA L’INTERVISTA A FIORE ZANIBONI: