A Bologna tiene ancora banco il dibattito sulla violenza di piazza. Il Lazzaretto accusa Merola (che vuole cancellare le convenzioni coi centri sociali) di non presentarsi in piazza contro il fascismo, l’Anpi aderisce all’appello del sindaco ma invita a negare spazi a Forza Nuova e la Cgil si schiera col Comune, ma viene accusata di sessismo da una manifestante. Le scuse del sindacato.

Violenza in Piazza e altri orrori nel sabato di scontri a Bologna

Dopo gli scontri di sabato scorso, continua a tenere banco in città il dibattito sulla violenza in piazza. Se da un lato il sindaco Virginio Merola sembra insistere sull’ipotesi di revocare le convenzioni ai centri sociali che si sono resi protagonisti degli incidenti, invitando poi le realtà bolognesi a dare vita ad una manifestazione anti-violenza, dall’altro continuano ad arrivare le risposte dei movimenti al sindaco, ma anche le prime adesioni all’appello del primo cittadino.

A prendere la parola oggi, sul fronte dei movimenti, è il Lazzaretto, una delle strutture in convenzione col Comune di Bologna. “Merola si è avvalso, per l’ennesima volta, della tecnica del ‘mostrare i muscoli’ nei confronti di una realtà che rappresenta oggi un elemento al quale nessuno può rinunciare”, scrivono dal centro sociale, che sottolinea come il sindaco non si sia invece espresso sul perché non sia sceso in piazza anche lui a manifestare sabato come primo cittadino contro l’insulto alla sua città, Medaglia d’Oro della Resistenza.

A schierarsi dalla parte di Merola, ma con qualche distinguo, è invece l’associazione dei partigiani.  L’Anpi “condanna con fermezza gli intollerabili, ripetuti atti di violenza che turbano gravemente la vita cittadina. La inaccettabile ricerca di scontro con le forze dell’ordine, ad opera di alcuni individui mascherati, sono il segnale di un assurdo proposito teso a colpire”.
Ma è sul finire del comunicato che i partigiani avanzano qualche critica a chi è incaricato di gestire l’ordine pubblico: “esprimiamo dissenso rispetto alla concessione di luoghi pubblici a gruppi che si richiamano dichiaratamente al fascismo“.

Particolare, invece, la situazione della Cgil. Se il sindacato ha risposto all’appello di Merola, dicendosi pronto a dare vita ad una manifestazione contro la violenza, la stessa organizzazione è al centro delle critiche per un episodio di sessismo, registratosi durante il corteo di giovedì scorso contro il Jobs Act.
In particolare, la denuncia – pubblicata sulla testata zic.it  – arriva da Clara, una ragazza che è sta molestata durante il corteo. “Mi fischiavano dietro, mi fissavano il corpo e, assicurandosi che io potessi sentirli, si dispiacevano ad alta voce di quanto fosse un peccato che la mia gonna fosse larga e non potessero vedere la forma del mio culo”.

La Cgil ha affidato ad una donna, Anna Salfi della segreteria regionale, la risposta: “fa male che durante una manifestazione grande, difficile, riuscita, qualcuno non ha avuto di meglio da fare che pensare al colore dei tuoi capelli o alla dimensione della tua gonna. Sì, sono atti sessisti, ingiusti ed iniqui. E non è solo dispiacere, ma anche rabbia il sentimento di chi ti scrive”.
Dai nostri microfoni, infine, Clara replica a Salfi: “Mi ha fatto molto piacere che la Cgil mi abbia risposto e che mi abbia chiamato direttamente il segretario regionale Vincenzo Colla. Spero che la Cgil lavori su questo tema anche nei luoghi di lavoro”.

Sul senso dell’adesione Cgil all’appello lanciato dal sindaco, poi, è intervenuto anche il segretario provinciale Maurizio Lunghi: “Pensiamo che serva un’iniziativa non contro qualcuno, o qualcosa, ma PER sostenere i principi democratici, costituzionali, antifascisti, e del buon comportamento civico”. Il segretario Cgil sottolinea poi che “le forze democratiche non possono essere invitate una tantum: va approntato un percorso e un metodo strutturato nei rapporti e nelle relazioni, per raggiungere gli obiettivi di salvaguardia dei valori e dei principi fondamentali, sapendo che oggi la crisi ha prodotto profonde spaccature e disagi, tra chi ha un lavoro e chi non ce l’ha, tra chi aveva una casa e oggi l’ha persa, tra chi è in grado di guardare al futuro e chi no”.