Dal 1 gennaio al 31 ottobre 3629 donne si sono rivolte ai centri antiviolenza dell’Emilia Romagna, il 90% perché vittima di violenza. Di queste, il 74% ha figli e se passasse il Ddl Pillon non potrebbe più ricorrere ad aiuto senza rischiare di perderli. L’importanza del 24N di Non Una di Meno.

Le donne, in Italia, subiscono violenza. La subiscono generalmente nell’ambiente familiare, all’interno della propria casa, da parte del compagno o marito. Le meraviglie della “famiglia tradizionale”. Secondo i dati presentati dall’osservatorio del Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia Romagna, nel 2018 si sono rivolte ai 14 centri che aderiscono al coordinamento 3629 donne, il 90% delle quali vittime di violenza. Di queste, il 35% sono donne straniere e il 74,6% ha figli. Le donne che si rivolgono ai centri prevalentemente subiscono violenze da parte di partner o ex-partner, una violenza che si può coniugare in molti modi. Il 63.6% subisce violenza fisica, il 35.8% subisce violenza economica, l’88.9 % subisce violenze psicologiche e il 12.9% violenze sessuali.

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Rispetto al 2015 c’è un’aumento delle donne accolte del 16.1%, mentre sono aumentate più nettamente le donne ospitate nelle case rifugio, che sono quelle che escono da situazioni di violenza più gravi e si trovano in una situazione di pericolo. Le donne ospitate nelle case sono state 566, ovvero 211 in più rispetto al 2015. Di queste, circa l’80% è ospitata insieme ai figli. Proprio queste ultime sono quelle a cui il ddl Pillon renderebbe più difficile sfuggire alla violenza. Infatti “se passassero il ddl Pillon e i provvedimenti ad esso collegati -spiega Angela Romanin, Presidente del coordinamento dei centri antiviolenza dell’ER – il padre maltrattante avrebbe il diritto di ricorrere alla forza pubblica per far ricondurre a casa un bambino che è dovuto scappare insieme alla mamma e rifugiarsi in una casa rifugio. Lo potrebbe fare anche solo se sente leso il diritto alla bigenitorialità. Tra le tante cose negative questa mi sembra la più indicativa di come questo ddl renda impossibile per le donne che sfuggono alla violenza di poterlo fare”.

Sono molte gli aspetti del ddl Pillon che metterebbero a repentaglio la possibilità delle donne e dei loro figli di sfuggire alla violenza, e molte di queste sono in diretto contrasto con la Convenzione di Instanbul, che l’Italia ha ratificato nel 2013. È una legge sovranazionale vincolante per i Paesi che l’hanno sottoscritta, ma il ddl Pillon vi entra in contrasto. In particolare, la convenzione sancisce il divieto di mediazione familiare nei casi di violenza domestica, mentre il ddl Pillon la rende obbligatoria. “La mediazione familiare nei casi di violenza domestica è molto pericolosa, perché presuppone che ci sia un conflitto e non una situazione di violenza. Nel conflitto uno può esprimere chiaramente la propria opinione sapendo di avere lo stesso peso. Nella situazione di violenza non è così, c’è una disparita di potere e controllo talmente forte che se la donna parla e dice qualsiasi cosa rischia ancora di più quando torna a casa”. E la donna a casa ci dovrebbe tornare. “Adesso il fatto di subire violenza è giustificato motivo per potersi allontanare dal domicilio familiare. Il ddl Pillon ci dice che perché venga considerata violenza bisogna aspettare i 3 gradi di giudizio, quindi presubilmente in Italia almeno 8 anni. Quindi la donna deve rimanere lì, con un contenzioso giuridico aperto con il maltrattante, per 7 o 8 anni. Noi sappiamo già benissimo che in mancanza di strumenti di protezione le donne se anche hanno fatto la denuncia poi la ritirano, perché vengono ricattate, minacciate o blandite”. È importante infatti ricordare il dato relativo alla violenza psicologica, che è presente quasi nel 90% dei casi di violenza.

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La manifestazione del 24 novembre arriva dopo un periodo di agitazione permanente che ha portato a riempire le piazze contro il Ddl Pillon, a Verona contro i finanziamenti pubblici ai movimenti pro-life, a Ventimiglia, Modena, e in molte altre occasioni per chiedere un’accoglienza degna e l’apertura dei confini. Questo perché Nudm ha riconosciute come proprie e condivise le battaglie dei e delle migranti, nella convinzione che dietro al razzismo e al sessismo si celi la stessa matrice. Una visione che nell’attuale governo trova una conferma, nella produzione di leggi e dichiarazioni che portano lo stesso stampo e riproducono le stesse logiche. “Quest’anno si manifesterà non solo contro la violenza maschile sulle donne – sottolinea Francesca di Nudm – che rimane comunque il punto inziale ed essenziale che caratterizza tutto il movimento di Nudm, ma rivendichiamo anche un’opposizione e un contrasto forte a quelle che sono le misure razziste imposte dal decreto Salvini sulla sicurezza e il ddl Pillon che di fatto autorizza una violenza all’interno della famiglia contro le donne ma anche contro i bambini. Quindi scendiamo in piazza con una lettura trasversale che Nudm ha sempre rivendicato in tutti questi anni. Infatti la violenza maschile è l’esempio oggettivo e materiale di qualcosa che in realtà è strutturale all’interno della società”.

L’assemblea Bolognese di Nudm organizza i pullman per questo sabato mentre l’appuntamento a Roma è alle 14 in Piazza della Repubblica. Il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, si terrà l’Assemblea nazionale di Nudm, “per andare verso lo sciopero dell’8 marzo. Lo riproponiamo anche quest’anno -spiega Francesca – con una chiave diversa rispetto agli anni passati, perché siamo in una fase diversa. Quindi si parlerà soprattutto di pratiche verso lo sciopero, campagne e rivendicando soprattutto quella che è una struttrazione globale, che da sempre ha caratterizzato questo movimento che secondo me è la sua più grande potenza”. 

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