Il 16 giugno del 1988 ci lasciava Andrea Pazienza. A trent’anni dalla sua scomparsa, ricordiamo questo genio inquieto del fumetto, che con il suo talento e la sua innocente sincerità ha raccontato la Bologna dei ‘70 ed ‘80 nella sua realtà più vera. Il ricordo dell’amico Marco Dondini, batterista dei Gaznevada. GUARDA LE IMMAGINI.

Se si parla di musica arte e cultura, Bologna è spesso associata a grande figure come Umberto Eco e Lucio Dalla. In questo senso, Andrea Pazienza ha segnato un’epoca della vita bolognese, quella degli anni settanta ed ottanta. Ed il suo segno non è solo metaforico, ma letteralmente Pazienza ha immortalato nei suoi fumetti la Bologna che osservava in quelli anni e l’umanità che lo circondava. A trent’anni dalla sua morte, avvenuta il 16 giugno 1988, i personaggi nati dal pennarello di Pazienza sono vivi e celebrati dalle generazioni successive alla sua. Non si può dimenticare, infatti, il cinico Zanardi o lo studente del Dams Pentothal, fino ad arrivare all’ultimo personaggio dalla storia incompiuta, il cane Astarte.

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Trent'anni senza Paz 

“La prematura scomparsa di Pazienza rende quasi naturale ricordarselo come un personaggio dei suoi fumetti”. Così racconta ai nostri microfoni Marco Dondini, batterista e voce di quelli che furono i Gaznevada e storico amico di Andrea Pazienza. “Andrea ha sempre visto la vita un po’ come se fosse un fumetto. Era talmente rapido, veloce ed esperto con l’uso dei pennarelli, da dare la sensazione di avere in mano una macchina fotografica”. Un’abilità invidiata dagli altri fumettisti e spesa per raccontare fedelmente e senza filtri la realtà. Ogni personaggio di Pazienza ha una fisionomia rintracciabile nel viso di una delle persone che lui conosceva. Al tempo stesso, in ognuna delle sue creazioni, Pazienza ha messo un po’ di se stesso.

Una franchezza che non ha mancato di causare problemi al fumettista di San Severo. “Non era il tipo che apportava modifiche affinché non si individuasse il riferimento, era innocentemente lì a mettere le cose così come erano, nomi e cognomi –  continua Dondini – Questa cosa gli ha creato grandi difficoltà con la città di Bologna”. Ed forse anche per questo che nell’84 Pazienza lascia le Due Torri e si trasferisce a Montepulciano. Un’idea ed un’esigenza manifestata all’amico Dondini mentra guidava la sua Honda Four e con la stessa sincerità con cui disegnava. “Probabilmente questa sua franchezza è il segreto del suo successo, ma anche del suo insuccesso che l’ha portato ad andar via, poi a tornare e a fare la fine precoce che ha fatto”.

Nonostante la breve vita, l’attività di Pazienza è stata intensa e feconda. Non era solo un disegnatore, con pubblicazioni sulle principali riviste in Italia di fumettistica come Linus e Frigidaire. È stato anche un insegnante, dapprima nella Libera Università di Alcatraz di Jacopo Fo, per poi tornare a Bologna e collaborare come docente alla Scuola di Fumetto ed Arti Grafiche Zio Feininger, fondata nell’83 dai fumettisti Igort e Brolli.

Marta Campa

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