La transessualità non è più classificata dall’Oms come malattia mentale. L’organizzazione mondiale per la sanità lo ha annunciato due giorni fa, spiegando che “è ormai chiaro che non si tratti di una malattia mentale e classificarla come tale può causare una enorme stigmatizzazione per le persone transgender”. Ne abbiamo parlato con l’attivista transfemminista Antonia Caruso.

È una decisione storica quella dell’Oms, che ha annunciato di voler rimuovere la disforia di genere dall’elenco delle malattie mentali. Una decisione che fa eco a quella del 17 maggio 1990, quando l’Organizzazione Mondiale per la Sanità aveva rimosso l’omosessualità dallo stesso elenco. Tuttavia c’è qualche necessaria differenza tra questi due eventi, ed è proprio su questo che bisognerà lavorare, come ha spiegato l’attivista transfemminista Antonia Caruso, tra le ideatrici del progetto universitrans. “Rispetto all’omosessualità la condizione trans presuppone delle cure – sottolinea Caruso – perché comunque abbiamo bisogno di farmaci e di ormoni che devono arrivare da qualche parte”. E proprio per questo l’Oms ha spiegato che la condizione Trans non verrà totalmente rimossa, ma inserita nel nuovo capitolo “condizioni di salute sessuale”. “Rimane quindi la necessità e l’obbligo di una diagnosi psichiatrica – spiega Caruso – Il prossimo obiettivo sarà riuscire a togliere la necessità di una diagnosi pur mantenendo un accesso alle cure che non sia psichiatrizzante ”.

Anche Porpora Marcasciano, presidente onorario del Mit (Movimento identita’ trans) ha commentato la scelta dell’Oms. “La decisione dell’Organizzazione mondiale della sanita’ e’ sicuramente positiva e va nella direzione che noi, da sempre, auspichiamo. È un passaggio importante e lo accogliamo con enorme piacere. Ed e’ frutto di un lavoro collettivo di movimenti, associazioni, persone e specialisti che ritenevano quella collocazione fuori tempo e fuori luogo” .

In Italia, nel frattempo, l’unica legge che regola la condizione delle persone trans è datata 1982, e presenta molti nodi da risolvere. Alcuni, come spesso accade in questi casi, sono stati superati attraverso l’opera della magistratura. “Per esempio negli anni si è sviluppato il fatto che questa legge non permettesse il mantenimento del matrimonio – spiega Caruso –  situazione superata grazie a una sentenza successiva. Un’altra sentenza permette adesso di cambiare la generialità senza doversi operare mentre la legge lo presupponeva”. In situazioni di questo tipo l’arretratezza della legge ripetto alle sentenze crea una serie di problematiche. “È un processo molto lungo – spiega infatti Caruso – perchè ci vogliono da 1 a 3 anni, perchè bisogna passare per la discrezionalità di un giudice, così come un giudice deve dare l’okay o meno alla rimozione del seno o alla ricostruzione dei genitali. Sintetizzando, a livello legislativo in questo momento abbiamo molti più vincoli che tutele”.

Rispetto all’eventualità che l’attuale governo possa recepire le indicazioni dell’Oms, Caruso si dice molto scettica, anche per via della natura non vincolante della decisione dell’organizzazione internazionale: “Diciamo che questo governo non sembra che sia molto attento alla comunità internazionale, a qualsiasi livello. Si può giocare sulla loro ignoranza in un certo senso, perchè purtroppo loro agiscono su un piano totalmente culturale, non legislativo. È un cattivo momento, che la comunità trans non può fare che combattere”.   

Insomma, l’eliminazione del transessualismo dall’elenco delle malattie mentali e’ un passaggio importante ma i suoi risvolti sociali e culturali non saranno automatici, come ha sottolineato anche Porpora Marcasciano: “Non e’ che cambia tutto da un momento all’altro – ha dichiarato infatti l’attivista – tutto dipende dalle parole che si usano, dall’apertura della gente e dalle politiche che si fanno”. In particolare, Marcasciano ha sottolineato la necessita’ per l’Italia di dotarsi di una legge contro la transfobia: “C’e’ un’impennata di violenza, aggressioni e omicidi a sfondo omo e trans. Dotarsi di una legge, come stanno facendo altri Paesi europei, darebbe un segnale chiaro e preciso. Purtroppo con questo governo, la vedo difficile”.

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