Alla vigilia dell’udienza del processo che lo vede imputato per istigazione a delinquere, lo scrittore Erri De Luca racconta le ragioni delle sue parole contro la Tav, contenute anche nel pamphlet “La parola contraria”. “In Italia sono permesse solo le parole ossequiose nei confronti degli abusi di potere”. Nel maxiprocesso per i fatti di Chiomonte, 47 condanne e 6 assoluzioni.

Domani a Torino si terrà un’udienza del processo che vede imputato lo scrittore Erri De Luca per istigazione a delinquere per alcune sue frasi sul sabotaggio della Tav in Val di Susa.
L’indagine e il successivo processo sono scaturiti dalla querela sporta da Ltf, la società italo-francese che gestisce l’opera, nei confronti di De Luca, che aveva affermato che “La Tav va sabotata“.
Quando arrivò la querela, ai nostri microfoni lo scrittore sostenne di essere orgoglioso di essere processato  per aver esercitato il proprio diritto alla libertà di espressione e, già allora, manifestava l’intenzione di continuare sulla stessa strada.

Alla vigilia dell’udienza, De Luca non sposta di una virgola la propria posizione. Anzi, da pochi giorni è uscito nelle librerie un suo pamphlet, “La parola contraria“, in cui lo scrittore argomenta ulteriormente le sue ragioni.
“Sostengo che in Italia in questo momento è compromessa la parola contraria, il diritto ad esprimerla – afferma De Luca – Quelle ossequiose nei confronti degli abusi di potere sono tutte permesse. Oggi neanche le parole sono al sicuro dalle trappole della legge che le vuole censurare”.

È sulla parola “sabotaggio” che lo scrittore insiste. “Non ha solo il significato di danneggiamento materiale, ma anche significati più estesi, generosi, utili e civili, come quelli di opporsi e mettere le proprie forze contro una prepotenza. Quando si fa sciopero in una fabbrica, ad esempio, viene sabotata la produzione”.
Una parola, sabotaggio, che De Luca afferma di voler continuare ad usare. Leggerla come un’istigazione a delinquere, dunque, è una strumentalizzazione del suo pensiero.

Lo scrittore, però, contesta anche le modalità con cui si è arrivati al processo: “Tutto è partito da un’azienda privata che si è rivolta direttamente ai magistrati che hanno incardinato l’accusa come se fossero il proprio sportello legale”.
Quanto alla lotta No Tav, De Luca sostiene che non può essere estirpata: “Dura da vent’anni e non ha possibilità di cedere perché non c’è una valle di ricambio quando quell’opera sarà realizzata”.
Intanto è arrivata la sentenza del maxiprocesso che vedeva imputati 53 attivisti No Tav per per le giornate di resistenza, lo sgombero del 27 giugno e la grande manifestazione del 3 luglio 2011. 47 le condanne e 6 le assoluzioni, per un totale di 140 anni di carcere.