Un altro tassello si aggiunge alla ricostruzione del periodo delle stragi di mafia. Marcello Filippo Tutino, secondo Gaspare Spatuzza, partecipò all’organizzazione della strage di Via Palestro a Milano

Marcello Filippo Tutino, collaboratore dei boss Graviano, ha ricevuto l’ordine di cattura nel carcere di Opera dove si trova. Il provvedimento, firmato dal gip di Milano Anna Laura Marchiondelli su richiesta dei procuratori della Direzione Distrettuale Antimafia, Ilda Boccassini e Paolo Storari. Tutino sarebbe accusato di avere partecipato alla realizzazione dell’attentato di via Palestro, avvenuto nel capoluogo lombardo, il 27 luglio 1993, dove persero la vita 5 persone. L’inchiesta nasce dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Gaspare Spatuzza.

La strage si inserisce in quella strategia stragista di Cosa Nostra, che nel biennio ’92/’93, vide l’organizzazione impegnata anche oltre i confini della Sicilia. In quel periodo, la Mafia puntò l’attenzione sui siti d’interesse architettonico e artistico del nostro paese. Nello specifico, si ipotizzò che l’obiettivo di questo attentato fosse il padiglione di arte contemporanea, che si trovava a pochi passi dal luogo dell’esplosione, causata da un’autobomba.

Quelle del periodo ’92/’93 “rimangono ancora oggi le stragi più indecifrabili del periodo di tritolo, perchè al di là degli esecutori materiali, c’è un cortocircuito giudiziario. Tutti i collaboratori di giustizia non tendono verso la stessa pista.Di quelle stragi mancano degli elementi che più di un apparato non ha intersse a rendere noti” dice Giuseppe Pipitone, giornalista de “Il Fatto Quotidiano”.

“Il gip mette nero su bianco che l’autobomba non doveva esplodere vicino al padiglione d’arte moderna, ma doveva fare dei morti. C’era un progetto di strage manifestato attraverso condotte dirette a realizzare un attentato terroristico.” spiega Pipitone, facendo riferimento all’ordine di custodia cautelare. Un cambio di strategia, insomma, rispetto alle prime ricostruzioni.

In quel periodo altre bombe erano scoppiate agli Uffizi a Firenze, e alle chiese di San Giorgio e San Giovanni a Roma. Giorgio e Giovanni erano i nomi di battesimo dei presidenti di Camera e Senato, Giorgio Napolitano e Giovanni Spadolini. “Viene difficile pensare che Bagarella , o lo stesso Spatuzza, riuscissero a fare collegamenti e messaggi filtrati così raffinati da andare a individuare due chiese minori, con i nomi dei due presidenti, nel momento in cui c’era un’interlocuzione tra Stato e Mafia. E’ un fatto che in quel momento Cosa Nostra ragiona più da “Service dell’orrore” che da attore principale di questa strategia terroristico-mafiosa “considera Pipitone.

Spatuzza racconta di aver incontrato il boss Graviano a Roma nel gennaio del ’94, che gli disse di lasciare stare (dopo l’attentato fallito allo stadio Olimpico di Roma, ndr), perchè la situazione politica era cambiata. C’era un nuovo partito, Forza Italia, e non c’era più bisogno di un altro “colpetto”. Per quanto riguarda questa ricostruzione -conclude Giuseppe Pipitone- lontanissima dall’accertamento processuale, uomini, cose e giorni, si incastrano alla perfezione.”