Il Decreto Salvini è una sorta di profezia che si autoavvera. Smantellando l’accoglienza più trasparente ed efficace, mantenendo quella potenzialmente più ambigua, limitando la possibilità dei migranti di trovare un lavoro e integrarsi, farà crescere l’emergenza sociale e la paura, che a loro volta garantiranno alla Lega di Matteo Salvini ulteriore consenso. Le interviste a Gianfranco Schiavone di Asgi e Antonio Mumolo di Avvocato di Strada.

Le folli misure del Decreto Salvini

Nonostante la firma apposta dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il decreto legge 113/2018, noto come Decreto Salvini, solleva molti dubbi di costituzionalità e sono numerose le associazioni di giuristi a rilevarlo. Per appurarlo, però, occorrerà aspettare l’iter giuridico, come accade in questi casi.
Quello che si può già fare è valutare l’impatto sociale che questa riforma del sistema di accoglienza e di asilo produrrà, non solo per ciò che concerne la limitazione dei diritti soggettivi dei richiedenti asilo, ma anche per quanto riguarda la percezione più generale del fenomeno migratorio, con le conseguenze politiche che può generare.

Gli obiettivi dichiarati dal titolare del Viminale, cioè l’aumento della sicurezza e il contrasto al famigerato “business dell’immigrazione”, non solo non saranno raggiunti, ma addirittura l’impatto sociale che la riforma genererà sarà di segno opposto. Al punto che non occorre essere troppo maliziosi per immaginare che l’insicurezza, la confusione e la paura che ne deriveranno, garantiranno al leader della Lega un crescente livello di consenso elettorale, come è già accaduto in occasione delle ultime elezioni, dove il tema dell’immigrazione e le posizioni xenofobe gli hanno permesso di arrivare al governo.

Sono tante le misure contenute nel decreto, che verrà convertito in via definitiva il prossimo 5 dicembre, e ciò che ha fatto discutere fin da subito è l’abolizione, della protezione umanitaria, una delle tre forme di asilo previste in Italia.
Ma ci sono altri due punti particolarmente perniciosi: lo smantellamento dello Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) e lo stop alle registrazioni anagrafiche per i richiedenti asilo.

LO SMANTELLAMENTO DELLO SPRAR
Dal 2015 la legge italiana prevede un unico sistema di accoglienza, basato sugli sprar. La legge consente però, soprattutto per i periodi di flussi migratori intensi, la creazione provvisoria di Cas (Centri di Accoglienza Straordinaria), con l’indicazione di superarli progressivamente per arrivare all’accoglienza diffusa.
La realtà, però, diverge dalle disposizioni legislative. Attualmente in Italia il sistema Sprar offre meno del 30% dei posti disponibili e ciò non è bene, sia per quanto riguarda l’integrazione che per quanto riguarda la trasparenza.

I cas, infatti, sono le grandi strutture spesso al centro delle proteste di alcuni cittadini, perché concentrano in un solo luogo tante persone, senza una possibilità concreta di inserimento nel tessuto sociale.
Al contrario, il sistema Sprar prevede un’accoglienza diffusa, in piccole strutture distribute sul territorio, con un alto standard di accoglienza, ma soprattutto affida agli enti locali un ruolo prioritario, considerando l’accoglienza e l’integrazione un servizio socio-assistenziale del territorio.

“Questa riforma porta le lancette indietro di 16 anni”, spiega ai nostri microfoni Gianfranco Schiavone, vice-presidente dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi) e uno dei fondatori del sistema Sprar.
Il Decreto Salvini, infatti, rende lo sprar residuale, riservandolo solo a chi è già titolare di protezione internazionale, mentre i richiedenti asilo potranno essere accolti solamente nei cas, sotto la gestione diretta dello Stato.
Tagliare fuori i Comuni (come sta accadendo a Riace) e puntare su strutture emergenziali produrrà grandi centri, avulsi dal territorio, con standard di accoglienza modesti e richiedenti asilo abbandonati a se stessi.

Detta in altri termini, verrà sacrificato tutto ciò che è integrazione e inserimento nel tessuto sociale dei migranti. Ma ad essere sacrificata sarà anche la trasparenza. Lo Sprar, infatti, prevede una rigida rendicontazione delle spese che per i Cas è facoltativa. È proprio in quest’ultimo sistema che si può annidare la malavita, quella che Salvini definisce il “business dell’immigrazione“. Peccato che sia la sua legge a favorirla.
“Il sistema che esce dalla riforma – osserva Schiavone – genererà situazioni pericolose, vere e proprie bombe ad orologeria”.

ASCOLTA L’INTERVISTA A GIANFRANCO SCHIAVONE:

LO STOP ALL’ISCRIZIONE ANAGRAFICA
Avvocato di Strada, l’associazione di legali che si occupa di persone senza fissa dimora, sta per lanciare un appello a tutti i parlamentari per quanto riguarda l’articolo 13 del Decreto Salvini, chiedendone una modifica.
L’articolo, infatti, interviene sul punto dell’iscrizione anagrafica, ovvero il diritto alla residenza, impedendola ai richiedenti asilo, cioè a coloro che sono in possesso di un titolo di soggiorno provvisorio, in attesa che la loro domanda di protezione internazionale venga valutata dalla commissione territoriale.

“La residenza è un diritto soggettivo di ogni cittadino italiano, ma anche di ogni straniero munito di un regolare titolo per soggiornare in Italia – osserva ai nostri microfoni Antonio Mumolo, presidente nazionale di Avvocato di Strada – L’articolo 6 comma 7 del Testo Unico sull’immigrazione, inoltre, parifica per l’iscrizione anagrafica il cittadino straniero munito di titolo al cittadino italiano”.
Il Decreto Salvini, dunque, è in contrasto con la legge italiana, ma non solo: la norma non rispetta né la Costituzione né le direttive europee in materia.

La residenza non è solo un feticcio, ma per la legislazione italiana è un diritto a cui ne sono connessi altri, come la possibilità di lavorare, di aprire una partita iva e di accedere alle cure sanitarie anche oltre quelle di emergenza.
Detta in altre parole: chi accusa i richiedenti asilo di non fare nulla tutto il giorno, impedisce loro per legge di potere avere un lavoro.
Non solo: sempre l’articolo 13 del Decreto Salvini permette l’accesso ai servizi territoriali solo se si è accolti nel sistema istituzionale. Tutti coloro che vorranno fare domanda d’asilo fuori dal circuito ufficiale, quindi non a carico dello Stato, saranno tagliati fuori e discriminati dai servizi.

Le prevedibili conseguenze del modello che si va a generare saranno un aumento della precarietà e dell’insicurezza.
Impedendo di lavorare ai richiedenti asilo, osserva Mumolo, li spingerà verso il lavoro nero o il lavoro schiavizzato, oppure li indurrà ad ingrossare le fila della criminalità organizzata.
Oltre a ciò c’è il paradosso, al limite del teatro dell’assurdo, di uno Stato che controlla completamente il sistema di accoglienza, ma non riconosce alle persone accolte il diritto giuridico alla residenza nelle proprie strutture.

Una battaglia simile a quella attuale, sempre sul tema della residenza, era già stata condotta proprio da Avvocato di Strada a tutela dei senza fissa dimora, italiani o stranieri che fossero.
Le infinite pronunce della giurisprudenza hanno smentito quei sindaci che non volevano concedere ai senzatetto il diritto alla residenza, anche solamente in una via fittizia.

ASCOLTA L’INTERVISTA AD ANTONIO MUMOLO:

IL DISEGNO DIETRO ALLA RIFORMA
“Questa riforma è la fabbrica del disordine – afferma Schiavone – Chiudere ciò che funziona per potenziare ciò che non funziona, che crea problemi, può avere come unica finalità quella di aumentare la percezione sociale negativa della presenza degli immigranti. I cittadini vedranno queste persone allo sbando, che non hanno niente da fare tutto il giorno, con uno scarso percorso di integrazione e, invece di chiedersi chi ha prodotto tutto questo, addosseranno la responsabilità ai migranti stessi”.
Un disegno malevolo, dunque, in cui lo smantellamento dello Sprar e lo stop alla residenza sono la cartina di tornasole di quale è la direzione in cui si vuole andare: quella della paura e della xenofobia, che portano consensi elettorali.