Le forze dell’ordine hanno effettuato lo sgombero dell’occupazione abitativa di via Solferino, dove avevano trovato un tetto 30 persone, tra cui 5 minori. Secondo gli attivisti di Adl Cobas e Labàs non sono intervenuti i servizi sociali. Manganellate e calci contro attivisti e occupanti. Frascaroli: “Il Comune non è stato avvisato”. Per lo stabile dell’Istituto Cavazza era stato proposto un progetto di riqualificazione, ma la proprietà non ha voluto trattare.

Via Solferino: Cobas e Labas cacciate

Questa mattina le forze dell’ordine hanno eseguito lo sgombero dell’occupazione abitativa di via Solferino. Le trenta persone che occupavano l’edificio dal febbraio scorso sono state fatte uscire, dopo aver recuperato i propri effetti personali, identificate e probabilmente verranno denunciate per occupazione abusiva. Secondo gli attivisti di Adl Cobas e Labàs, intervenuti per tentare di bloccare lo sgombero, le operazioni sono avvenute senza la presenza dei servizi sociali, nonostante nell’occupazione abitassero anche 5 minori. Una notizia che trova una conferma indiretta nelle parole dell’assessore al Welfare Amelia Frascaroli, che si dice stupita perché il Comune non è stato avvisato dello sgombero. Nel pomeriggio, infine, si chiarisce la dinamica: i servizi sociali sono arrivati in un secondo momento, proprio per il fatto che il Comune non era stato avvisato.

Durante lo sgombero si sono registrati anche momenti di tensione, con manganellate e calci dati dalle forze dell’ordine agli attivisti e agli occupanti che tentavano di resistere allo sgombero.
Dai nostri microfoni, Stefano di Labàs denuncia quella che definisce “l’ennesima tappa della guerra ai poveri” e punta il dito contro il silenzio della politica che, se da un lato formalmente riconosce l’emergenza abitativa e le attività svolte dal basso, dall’altro non offre soluzioni concrete.
Per questo motivo, terminate le operazioni di sgombero, gli attivisti si dirigeranno a Palazzo D’Accursio, dove chiederanno all’Amministrazione di prendere parola ed esprimersi in merito.

Dopo aver occupato lo stabile di via Solferino, nelle settimane scorse gli attivisti avevano tentato di aprire una trattativa con la proprietà, l’Istituto dei non-vedenti “Cavazza”, incoraggiati dal fatto che, in un primo momento, l’istituto aveva diramato un comunicato stampa in cui affermava di comprendere il problema della casa e che non avrebbe richiesto lo sgombero.
L’atteggiamento, però, è mutato nel corso del tempo e, nonostante Labàs avesse presentato un progetto per la riqualificazione dell’edificio, con la disponibilità a versare un affitto concordato e l’organizzazione di iniziative a sostegno delle attività della stessa proprietà, non c’è stata la possibilità di discuterne e trovare un accordo.