Secondo Nazzarena Zorzella, avvocato dell’Asgi, le motivazioni addotte per giustificare la mancata iscrizione del bambino bengalese a scuola sono scuse o bugie. “La legge è molto chiara e in casi come questi si potrebbe configurare il reato di omissione di atti d’ufficio”.

Mentre sembra risolversi al meglio la vicenda del ragazzino bengalese a cui, ad aprile scorso, è stata rifiutata l’iscrizione alla scuola media, con l’ipotesi di un inserimento scolastico nell’IC7, ad intervenire sul tema è l’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi), formata da avvocati esperti di diritto dell’immigrazione.
Con un comunicato e con un’intervista rilasciata ai nostri microfoni, l’associazione prende posizione sul tema, cercando di fare il punto della situazione e smentendo alcune motivazioni addotte dalle istituzioni dopo l’esplosione del caso.

“Le leggi sono abbastanza semplici e soprattutto molto chiare – afferma l’avvocato Nazzarena Zorzella – C’è l’articolo 34 della Costituzione che garantisce a tutti il diritto all’istruzione senza distinzioni di nazionalità o di condizione sociale e c’è l’articolo 38 del Testo Unico sull’Immigrazione d.lgs. 286/98 e l’articolo 45 d.p.r. 394/99, che precisa che l’iscrizione scolastica può essere richiesta in qualunque periodo dell’anno scolastico”. Deve essere premura delle istituzioni, dunque, garantire l’assolvimento di questo diritto/dovere.

La questione ha diverse sfacettature, su cui Zorzella fa il punto. “È una grossa bugia – osserva l’avvocato – quello che si è sentito dire sul fatto che gli istituti scolastici sono stati colti da un’ondata imprevista di ricongiungimenti famigliari. Le pratiche per i ricongiungimenti durano da un minimo di sei mesi ad oltre un anno e dunque le istituzioni, se si coordinassero tra loro, avrebbero tutti gli strumenti per prevedere quanti bambini arriveranno nel corso dell’anno scolastico”.

Quel che è più grave, però, è che le mancanze degli enti pubblici, oltre ai rischi per la perdita dell’affidamento dei figli per un’eventuale violazione dell’obbligo formativo, espone i migranti anche al mancato rinnovo del permesso di soggiorno. “La frequenze delle scuole per i figli dei migranti – spiega Zorzella – è uno dei requisiti fondamentali per il famoso ‘permesso di soggiorno a punti’, ovvero l’accordo di integrazione”.

Per l’Asgi è una falsa spiegazione anche quella addotta dalla Maria Luisa Martinez, dirigente dell’Ufficio Scolastico provinciale, per la quale manca un regolamento scritto che sancisca il comportamento delle scuole di fronte ad una domanda di iscrizione in un qualsiasi momento dell’anno. “Aldilà di quello che può essere un protocollo di comportamento delle varie istituzioni – spiega Zorzella – la legge è molto chiara: l’iscrizione può essere effettuata in qualunque momento dell’anno, il precetto è preciso”. Per questo, secondo i giuristi, si potrebbe addirittura prospettare il reato di omissione di atti d’ufficio.

“È inammissibile – conclude l’avvocato – che il ragazzino non abbia ottenuto risposte da aprile. Ha perso inutilmente un anno. E nessuno parla nemmeno delle misure per l’integrazione linguistica che le scuole devono predisporre proprio per accogliere i ragazzi che arrivano”.
La vicenda, insomma, è destinata a non concludersi con l’inserimento del ragazzino a scuola. Resta ancora da chiarire quanti sono i bambini che vivono lo stesso problema sul territorio nazionale e quali sono gli strumenti che le varie istituzioni hanno messo o meno in campo per rispettare la legge e il diritto all’istruzione.