Presidio in viale Aldo Moro di lavoratori e parenti dei degenti delle strutture sanitarie private convenzionate, che temono la chiusura di due cliniche e la perdita di 200 posti di lavoro a causa degli adeguamenti retroattivi della Regione sulle tariffe. “Noi ospitiamo i pazienti che il pubblico non può ospitare”.

Sanità Privata, presidio in Via Aldo Moro

Le lavoratrici e i lavoratori insieme ai famigliari dei degenti della sanità privata bolognese hanno dato vita questa mattina ad un sit-in sotto la sede della Regione per esprimere la propria preoccupazione per una delibera licenziata da viale Aldo Moro che rivede le tariffe per le strutture convenzionate. Particolarmente insidiosa, all’interno della delibera, l’effetto retroattivo a partire dal primo gennaio 2014, che per una clinica, ad esempio, comporterebbe la restituzione di circa 600mila euro.
I dipendenti e la dirigenza delle strutture temono che la conseguenza sia la perdita di 200 posti di lavoro, se non la vera e propria chiusura di alcune cliniche.

Era il 20 ottobre quando la Regione ha licenziato la delibera di adeguamento delle tariffe ospedaliere per la sanità privata convenzionata. Un taglio del 12% che, per viale Aldo Moro, consiste in un allineamento alle tariffe nazionali, così come sancito dal Patto per la salute 2014-2016, con l’intesa siglata da tutte le Regioni il 10 luglio scorso. L’assessore alla Sanità Carlo Lusenti ha fatto sapere che già nell’aprile scorso era stato sottoscritto da Aiop (Associazione italiana ospedalità privata) un verbale d’intesa in cui, tra i vari punti, si prevedeva anche una revisione delle tariffe della riabilitazione. Un’intesa che, secondo Aiop, non si è mai tradotto in un accordo ufficiale e non si pensava che gli effetti fossero retroattivi.

A rischiare sono soprattutto due strutture che svolgono attività monospecialistiche: l’ospedale Santa Viola (lungodegenza) e Villa Bellombra (riabilitazione).
“Vogliamo ricordare – osserva ai nostri microfoni Antonella Gentile, una delle lavoratrici – che noi accogliamo i pazienti che la sanità pubblica non può accogliere, che altrimenti finirebbero nei corridoi degli ospedali. Il rischio è che i famigliari si ritrovino i pazienti in casa, dovendo essere loro a prestare le cure”.
I lavoratori sottolineano anche come la decisione dell’adeguamento sia stata presa da un’Amministrazione dimissionaria, a poche settimane dalle elezioni.