La Cgil fa il bilancio della prima settimana di sanatoria e tenta la forzatura politica per far aumentare il numero di posti disponibili per la regolarizzazione.

Con il decreto 109 del 2012 per i lavoratori stranieri senza documenti è finalmente possibile denunciare il datore di lavoro ed ottenere un permesso di soggiorno di 6 mesi rinnovabile. Con lo stesso decreto, che recepisce una normativa europea, si apre una sanatoria, dal 15 settembre al 15 ottobre. Un’enorme svolta sul piano simbolico che inverte la vulgata leghista e forcaiola per cui i sans papier sono criminali e quindi privi di ogni diritto. Ma anche una sanatoria a metà, con non pochi punti in ombra, disegnata moltiplicando i vincoli burocratici e – come riflette Anna Rosa Rossi, – dell’ufficio immigrazione Cgil di Bologna, forse il frutto di un compromesso politico che dice sì alla sanatoria, ma solo a patto che la platea dei beneficiari non sia poi troppo vasta.

Per districarsi nella farraginosa normativa, la Cgil ha attivato un servizio in grado di seguire i lavoratori in tutte le fasi della regolarizzazione, dalla verifica dei requisiti fino alla presentazione della domanda, e per offrire assistenza legale, a sanatoria chiusa, a chi denuncia . “Una battaglia non semplice – come spiega Rossi – perché se nel settore dell’assistenza familiare sono state molte le richieste – il 90% delle domande arrivate alla Cgil di Bologna – mentre altri settori, dall’edilizia all’agricoltura, fino alla logistica, sono stati appena sfiorati da questa normativa.” In questi ambiti il percorso di emersione sarà molto più complesso e difficilmente si innescherà, se non a seguito della denuncia di chi è sfruttato. Situazione limite di vero e proprio caporalato in cui sul migrante pesa ancora il ricatto economico, perché quel lavoro, sebbene al nero e sottopagato costituisce pur sempre l’unica fonte di reddito. Al momento le uniche denunce arrivate a Bologna sono quelle di 4 badanti, a cui i datori di lavoro hanno negato la regolarizzazione, minacciando anche di metterle alla porta.

Sul fronte della sanatoria la battaglia da compiere sarà quella contro i balzelli di una legge dalle maglie troppo strette. “Se dovessimo ottemperare alla lettera a tutti i requisiti – chiarisce Rossi – al momento dovremmo compilare 5 o 6 moduli, è evidente che questa situazione paradossale può essere superata solo con delle forzature normative. Per come è stata progettata sarà impossibile raggiungere i numeri della sanatoria del 2002.” Al momento sono 11.000 i moduli presentati a livello nazionale, contro le 702.000 del 2002. In Emilia Romagna si possono stimare in circa 53.000 i lavoratori al nero , di cui 10.000 a Bologna.

Come nei casi precedenti la sanatoria è in campo al datore di lavoro, ma a differenza del passato si introducono una serie di motivi ostativi, a dir poco surreali, che potrebbero vanificare la richiesta. In primo luogo l’obbligo di certificare attraverso l’organismo pubblico la presenza in Italia dal 31 dicembre del 2011.

Ora è piuttosto evidente che chi è senza documenti si tenga lontano dalle istituzioni, basti pensare al terrorismo linguistico degli anni scorsi, con cui si scoraggiava finanche l’accesso ai pronto soccorso da parte dei migranti senza documenti. La strada intrapresa dalla Cgil di Bologna è invece quella di considerare valida qualsiasi prova che attesti la presenza del lavoratore in Italia: dai biglietti aerei alla richiesta di informazioni presso gli sportelli a bassa soglia, dall’attivazione di carte SIM, tessere SOKOS o visti per i paesi Schengen. “In un Paese in cui ormai si autocertifica tutto per i lavoratori stranieri si vogliano prove certe, il doppio binario sembra aprirsi di nuovo anche in questa sanatoria – asserisce Rossi. Proprio per questo noi vogliamo allentare le maglie della normativa, considerando valida anche l’autocertificazione da parte del datore di lavoro disponibile all’assunzione.”

Altri motivi, seppur minoritari, di diniego del permesso di  soggiorno sono le segnalazioni in area Schengen: caso abbastanza comune per le lavoratrici dell’Est che giungono nel nostro paese in pullman e sono fermate dalla polizia di frontiera, i dati dei passaporti entrano nel sistema operativo e queste persone risultano indesiderate senza che a loro venga rilasciato alcunché. In questi casi i legali della Cgil si stanno già muovendo per la richiesta di cancellazione.

Ennesima restrizione, l’obbligo di essere presenti ininterrottamente dal 31 dicembre all’entrata in vigore del decreto. È evidente che si tratta di norme ideologiche, che vanno contro il buon senso dal momento che entrambe le parti si impegnano a far emergere un rapporto di lavoro già esistente. Fra l’altro i benefici per le casse dello stato derivanti dalla regolarizzazione – contributi e oneri fiscali – sono ben più elevati della una tantum di 1000 euro da versare al momento della domanda.

Angelica Erta