Circola da alcune ore l’appello di Libertà e Giustizia intitolato “Verso la svolta autoritaria” firmato da Zagrebelsky, Rodota e Settis, tra gli altri. Alla lettera, nella quale si criticano le riforme costituzionali annunciate dal governo Renzi, ha aderito Giovanni Paglia, deputato Sel, che spiega le ragioni dell’adesione.

“Stiamo assistendo impotenti al progetto di stravolgere la nostra Costituzione da parte di un Parlamento esplicitamente delegittimato dalla sentenza della Corte costituzionale (n. 1 del 2014), per creare un sistema autoritario che dà al presidente del Consiglio poteri padronali”. E’ quanto si legge nell’appello di Libertà e Giustizia “Verso la svolta autoritaria“, firmato, tra gli altri, anche da Zagrebelsky e Rodotà. Il riferimento è alprogetto di riforme costituzionali, e, nella fattispecie, alla riforma del Senato.

All’appello ha immediatamente aderito anche Giovanni Paglia, deputato di Sinistra Ecologia e Libertà.”Un’assemblea non elettiva è una cosa preoccupante. Dove ci sono assemblee, queste sono sempre elettive” dice ai nostri microfoni. “E’ una questione -continua- anche di tempi e modalità. Viene negato il dibattito pubblico e parlamentare. Il presidene del Senato ha sollevato obiezioni di merito sul dibattito e Deborah Serracchiani ha risposto di tacere e ricordarsi da chi è stato eletto: si tratta di parole arroganti.”

“Già il fatto -spiega Giovanni Paglia- che una riforma costituzionale parta dal Governo invece che per iniziativa parlamentare, costituisce uno sgarro, se non una rottura istituzionale. Spero che ci saranno linee di resistenza che vadano oltre quelle già annunciate.”

Paglia chiama in causa gli stessi parlamentari PD. “Mi aspetto che chi ha una cultura democratica all’interno del Pd si ribelli a questo modo di fare e a questa ipotesi che ci porterebbe molto lontano dalla cultura costituzionale europea.

Ma il deputato non si ferma e lancia la sfida: “Nonostante a vulgata che vuole gli italiani incapaci di capire qualcosa di diverso dai tagli ai costi della politica, io credo che gli italiani abbiano già dimostrato di distinguere tra tagli dei costi e democrazia. Se la riforma fosse approvata solo con il 51%, ci sarebbe una battaglia referendaria i cui esiti sarebbero tutto fuorché scontati.”