Il pacchetto sicurezza del 2009 vincolava il diritto di residenza a requisiti igienico sanitari. Una circolare del Ministro dell’Interno ribadisce che è un diritto soggettivo, che dà accesso a servizi fondamentali, dunque non si può discriminare.

La legge 94 del 2009, il famigerato pacchetto sicurezza, stabiliva che la residenza anagrafica poteva essere concessa solo se in una casa sussistevano gli adeguati requisiti igienico sanitari. La norma, introdotta dall’allora ministro Maroni, era chiaramente rivolta agli stranieri e serviva ad impedire che in una stessa casa prendessero la residenza troppe persone. Oltre a colpire gli stranieri, tuttavia, questa norma metteva in difficoltà anche tantissime famiglie italiane. “Basti pensare – osserva Antonio Mumolo, presidente di Avvocato di Strada – alle famiglie numerose, che magari vivono in 5 o 6 in un appartamento. Se la casa non è molto grande la residenza poteva essere negata o tolta al capofamiglia, che così perdeva tutti i diritti civili, e di riflesso a tutti i suoi figli, che magari non potevano più andare a scuola”.

In Italia, infatti, l’ordinamento prevede che alla residenza siano connessi diversi altri diritti, come ottenere un lavoro, poter votare, ricevere una pensione e ricevere cure sanitarie. Non a caso, infatti, quando una persona vive in strada ha diritto ad ottenere la residenza in una via fittizia.

Attraverso una circolare, ora il Viminale ha fornito un’interpretazione della norma che attenua le discriminazioni del pacchetto sicurezza. In particolare il Ministero dell’Interno ribadisce che “l’iscrizione nei registri della popolazione residente costituisce un diritto e un dovere di ogni cittadino italiano e straniero regolarmente soggiornante e la mancanza dei requisiti igienico sanitari non preclude, in linea di principio, la fissazione della residenza anagrafica nel luogo inidoneo”.
La circolare cita il parere chiesto a riguardo al Consiglio di Stato, che tra le altre cose ha rilevato che la norma non è corretta perché “violerebbe il principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione, limitare i controlli agli stranieri ed agli extracomunitari”.

“A questo punto – conclude il presidente dell’associazione che presta assistenza ai senza dimora – ci auguriamo che la norma non venga più interpretata in maniera restrittiva, e, sopratutto, che a nessun futuro Governo venga in mente di riproporre una norma in palese contrasto con le norme costituzionali, e che ufficializza la distinzione tra cittadini di serie A e serie B”.