Il Consiglio dei Ministri ha approvato una misura urgente per riformare il sistema bancario. Le Banche Popolari con almeno 8 miliardi di attivi avranno 18 mesi di tempo per trasformarsi in Spa, diventando di fatto scalabili. Il provvedimento, per il momento, non riguarda le Bcc. Mentre i mercati finanziari esultano, sono tanti i dubbi sulla necessità e l’urgenza di questa norma.

Il governo si appresta a rivoluzionare il sistema bancario italiano. Dopo oltre vent’anni di discussioni e tentativi la riforma delle Banche popolari è alle porte: attraverso una norma inserita urgentemente nel decreto legge “Investment Compact” (misure per favorire gli investimenti nel nostro paese), il Consiglio dei Ministri ha approvato in tutta fretta una norma che costringerà i maggiori istituti popolari a cambiare la propria natura. Entro 18 mesi, le Banche popolari con almeno 8 miliardi di attivi, dovranno trasformarsi in Spa (Società per azioni). Sono 10 gli istituti popolari coinvolti: Ubi, Banco Popolare, Bpm, Bper, Creval, Popolare di Sondrio, Banca Etruria, Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Popolare di Bari. Restano escluse, al momento, le Banche di Credito Cooperativo.

Nello specifico, il provvedimento del governo mette mano a quegli articoli del Tub (Testo unico bancario) in cui si stabilisce il principio del voto capitario, secondo il quale ogni socio di una Banca popolare ha a disposizione un solo voto in assemblea (una testa un voto), indipendentemente dal numero di azioni possedute, e il limite dell’1% per la partecipazione del capitale da parte di un singolo socio. Eliminando queste norme, cambia completamente la faccia di molti istituti, che diventeranno così società per azioni.

La ratio di questa norma è difficile da capire. Secondo il governo dovrebbe aumentare la competitività e l’accesso al credito, ma non vedo in che modo la trasformazione delle banche in Spa possa cambiare questa situazione – dice ai nostri microfoni Andrea Baranes, economista e presidente della Fondazione culturale responsabilità etica – Soprattutto è difficile capire perché si proceda con questa urgenza”. Le perplessità, dunque, riguardano sia il metodo che il merito: difficile spiegare la scelta del governo di procedere tanto urgentemente attraverso decreto legge, così come i dubbi si concentrano anche sulle motivazioni date da Renzi, secondo cui il sistema bancario “ha troppi banchieri e troppo poco credito”.

Come spiega Baranes, “il fatto che le banche eroghino poco credito è un dato di fatto, il cosiddetto credit crunch. Il problema di fondo è un’enorme sfiducia dovuta a una economia in recessione da mesi, le banche hanno problemi e chiudono i rubinetti del credito – continua l’economista – Per interrompere questa catena servirebbero interventi di politica economica, ma le banche Spa non erogano più credito rispetto alle popolari o alle banche di credito cooperativo, anzi forse è il contrario, perché quelle trasformate in Spa puntano al massimo profitto anche con attività rischiose”.

La scelta dell’esecutivo ha trovato immediatamente il gradimento dei mercati finanziari. A Piazza Affari si sono registrati rialzi record per i titoli di quelle Banche popolari già quotate in borsa, come Ubi, Bpm, e Banco Popolare. L’apprezzamento della Borsa è dovuta al fatto, appunto, che questi istituti diventeranno di fatto scalabili, aprendo così la strada a fusioni e aggregazioni degli istituti maggiori.

“Trasformandosi in Spa significa che c’è la possibilità di distribuire più utili e quindi è appetibile per gli investitori finanziari comprare azioni di queste banche. Quello che sta diminuendo è la “biodiversità” dei diversi istituti bancari – sottolinea Baranes – Si parla da anni di separare le banche commerciali dalle banche di investimento, questa sì che sarebbe una riforma da fare urgentemente per evitare che i soldi dei risparmiatori vengano giocati su attività speculative. Di questa cosa non si parla né in Italia né in Europa, mentre si attuano misure barocche e arzigogolate”, conclude l’economista.