Una mail anonima, inviata a Repubblica, individua precise responsabilità nel sequestro di Giulio Regeni. Sarebbe stato il generale Khaled Shalabi, secondo la fonte, che si dice appartenere alla polizia segreta egiziana, ad aver dato l’ordine di sequestrare il ricercatore. Interviene il ministro Gentiloni. E per Amnesty International Italia “questa lettera mette le istituzioni egiziane in ulteriori difficoltà”.

Giulio Regeni è stato sequestrato su ordine del generale Khaled Shalabi, capo della Polizia criminale e del Dipartimento Investigativo di Giza. Seguono tre giorni di torture, durante i quali il ricercatore italiano si rifiuta di fornire ai suoi carcieri le informazioni che cercavano, quelle relative agli ambienti di opposizione del mondo del lavoro, frequentati proprio da Regeni per la sua ricerca. Poi il trasferimento, e infine la morte del ricercatore.

Questi i contenuti di una mail inviata a Repubblica da un anonimo che dichiara di appartenere ai servizi di sicurezza del Cairo, e che individua nel generale Shalbi il diretto responsabile del sequestro di Regeni. Nella mail, però, l’anonimo parla anche del coinvolgimento del presidente Al Sisi, del ministro dell’Interno e dei capi sei servizi segreti egiziani, che sarebbero stati informati della vicenda e avrebbero dato l’ok per il traferimento del cadavere di Giulio nella cella frigorifera dell’ospedale militare di Kobri al-Qubba.

“I contenuti di questa lettera sono inquietanti”, commenta ai nostri microfoni Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. In quanto anonomia e ancora priva di conferme, “Va presa per quello che è”, ma resta il fatto, secondo Noury, che “quando noi da tempo diciamo che l’arresto, la sparizione, la tortura e l’omicidio di Giulio vanno inquadrati in un contesto di violazione dei diritti umani, quel contesto è pesantemente richiamato in quella lettera”.

“Sappiamo che la verità deve arrivare non da fonti anonime ma dalle istituzioni egiziane – prosegue il portavoce di Amnesty – Questa lettera, evidentemente, le mette ulteriormente in difficoltà”. E a intervenire è anche il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che ha dichiarato: “ci fermeremo solo quando troveremo la verità, quella vera e non di comodo”. Intanto, tra due giorni è in programma il vertice tra gli inquirenti italiani e quelli egiziani.