Ieri alle scuderie per presentare il suo nuovo libro “Pro Patria”, Ascanio Celestini continua a denunciare la difficile situazione dei carcerati in Italia e lo fa anche tramite il suo testo.

Celestini è estremamente critico nei confronti del carcere come istituzione, che non esita a definire stupida e criminale.
Non si illude l’attore e drammaturgo romano che il carcere possa avere un ruolo ri-educativo o di recupero. E’ al contrario un contenitore in cui i criminali vengono parcheggiati in attesa che scontino la pena loro assegnata.

Sono 65.000 i detenuti in Italia oggi e nessuno sembra essere interessato a considerare la possibilità di modificare le condizioni in cui vivono e soltanto mettere in discussione il fatto stesso della detenzione come unica forma punitiva. E’ un’istituzione vecchia il carcere, dice Ascanio, e discutibile. Il suo libro è un tentativo di esortare le persone a prendere coscienza del fenomeno “detenzione” in quanto tale. Dopotutto esistono alternative alla reclusione, i lavori socialmente utili, per citarne una.   

“I morti e gli ergastolani  hanno una cosa in comune, non temono i processi. I morti perché non possono finire in galera. Gli ergastolani perché dalla galera non escono più.”

Lucia Visani