Questa mattina i 19 lavoratori Fiom reintegrati a Pomigliano dal giudice sono stati rispediti a casa da Fiat: “Non c’è posto per voi”. I lavoratori: “La democrazia è sospesa, non possiamo nemmeno scegliere il sindacato”.

Lo stabilimento Fiat di Pomigliano D’Arco non trova pace. A gettare benzina sul fuoco, questa mattina, è stata nuovamente l’azienda, che preferisce pagare gli stipendi ai lavoratori Fiom piuttosto che averli in fabbrica.
È quanto è successo ai 19 operai reintegrati sul lavoro dal giudice, dopo che Fiat li aveva estromessi senza giusta causa.
“Alle 7.30 ci siamo presentati all’ingresso 2 – racconta ai nostri microfoni Sebastiano, uno dei 19 operai – ma invece che farci timbrare il cartellino ci hanno fatti andare in una sala riunioni. Lì l’azienda ci distribuito una busta paga e ci ha comunicato che dovevamo tornare a casa“.

La motivazione ufficiale comunicata da Fiat riguarda l’impossibilità di collocare i lavoratori a causa del poco lavoro. In realtà quella che si sta consumando è una battaglia tra i metalmeccanici Cgil e l’azienda, che in seguito alla sentenza del giudice ha aperto 19 procedure di mobilità per altrettanti operai che già lavoravano nello stabilimento campano.
“Siamo nuovamente discriminati – sottolinea il lavoratore – Noi non vogliamo prendere uno stipendio per restare a casa, non è giusto specialmente nei confronti dei colleghi che sono in cassa integrazione”.

Non è la prima volta che Fiat, di fronte a sconfitte giudiziarie, sceglie di stipendiare i lavoratori iscritti alla Fiom senza riammetterli in frabbrica. Era già successo a Melfi, ma questa volta sembrava potesse esserci una condotta differente, dal momento che l’azienda aveva promosso per i 19 un corso di formazione di quattro settimane.
La democrazia è sospesa, resta fuori dai cancelli – conclude Sebastiano – È assurdo che un’azienda ti dica se puoi lavorare o meno a seconda del sindacato a cui scegli di iscriverti”.
Nel pomeriggio gli operai faranno il punto insieme alla Fiom per decidere quali iniziative intraprendere.