Alza i toni il premier Erdogan al suo ritorno. “La pazienza ha un limite”. Intanto scontri ad Ankara e Smirne. Piazza Taksim aspetta lo sgombero imminente e intanto diventa luogo di dibattito e confronto, una città nella città.

Piazza Taksim: il simbolo di una Turchia divisa

Anche se sembrava dalle parole nei giorni scorsi di Abdullah Gul che il Governo turco avesse abbassato i toni e fosse disposto a un dialogo con i manifestanti, al suo ritorno Recep Erdogan dissipa ogni dubbio: all’aereoporto Ataturk di Istanbul riferendosi alle proteste di questi giorni ha detto che “la pazienza ha un limite” proprio mentre la folla che lo attendeva intornava cori contro le mobilitazioni di questi giorni.

Intanto se la tensione a Istanbul è diminuita nelle altre città nella notte sono avvenuti nuovi scontri tra polizia e manifestanti, in particola ad Ankara, dove più volte sono stati sparati proiettili di gomma, lacrimogeni e utilizzati idranti.

A Piazza Taksim si respira un’aria di calma apparente: nonostante in questi giorni l’arrivo dei media internazionali direttamente nelle strade di Istanbul abbia costretto le forze dell’ordine a diminuire gli scontri, i manifestanti si aspettano nei prossimi giorni (se non nelle prossime ore) uno sgombero dell’area vicina a Gezi Park. In attesa di quel momento la piazza è diventata una “città nella città” ci dice Claudia Vago, giornalista e blogger che in questo momento si trova proprio in loco: i manifestanti hanno organizzato una specie di società alternativa, simile a quella delle piazze spagnole delle acampadas, in cui si mangia, si dorme ma soprattutto si legge e ci si confronta con alcuni grandi intellettuali turchi che hanno appoggiato la protesta dall’inizio e oggi scendono in piazza assieme a tutti gli aderenti alla protesta.

“Stupisce l’ironia di questa popolazione – afferma Claudia Vago ai nostri microfoni – per le piazze e per le strade tante sono le battute ironiche che vengono fatte sulla gestione della protesta da parte del Governo. Come ad esempio i pinguini che sono diventanti uno dei simboli della protesta: alcuni media nazionali al posto di dare la notizia degli scontri e delle manifestazioni mandavano un documentario sui pinguini e quindi, di riflesso, sono diventati un simbolo della censura”.

Istanbul non è una bolla: in alcune manifestazioni organizzate al di fuori di Piazza Taksim, in quartieri più periferici, si sono registrati ancora scontri e feriti.

Ma nonostante oramai sia quasi certi dello sgombero del “quartier generale” della mobilitazione, Piazza Taksim e le altre manifestazioni hanno già raggiunto un risultato: “Hanno creato una nuova coscienza, hanno risvegliato gli animi: questa mobilitazione ha fatto uscire dalla paura della paura tutta una popolazione che adesso ha un nuovo modo di intendere la protesta, il dissenso e quindi la politica” conclude Claudia Vago.