Venerdì 15 febbraio Yvan Sagnet, il giovane camerunense che ha guidato le proteste dei braccianti agricoli stranieri nelle campagne del Salento, ha presentato alla libreria Ibs di Ferrara il libro che racconta quell’esperienza: Ama il tuo sogno. Vita e rivolta nella terra dell’oro rosso (Fandango Libri).

Il sogno di Yvan era l’Italia, conosciuta attraverso i mondiali del 1990 quando aveva 5 anni. Ha deciso che il suo futuro sarebbe stato quel paese, così ha imparato l’italiano e, con un permesso e una borsa di studio, nel 2007 è arrivato per frequentare il Politecnico di Torino e diventare ingegnere. La realtà però è diversa dal sogno. All’inizio non è facile ambientarsi per il clima freddo della città, non soltanto nel senso delle temperature molto meno miti rispetto al suo Camerun, ma all’università trova un ambiente più aperto e multiculturale che lo aiuta ad integrarsi.

Nel 2011 però Yvan perde la borsa di studio e deve trovare un modo per pagarsi gli studi: amici di Torino gli dicono che al Sud si può andare a lavorare per la raccolta del pomodoro, perché serve manodopera. Così decide di trasferirsi nelle campagne salentine, a Nardò, dove sa di una masseria che accoglie i braccianti che fanno la stagione. Ancora una volta  però la realtà è diversa da come l’aveva immaginata. Alla Masseria Boncuri – centro di accoglienza predisposto per i braccianti dal Comune – nonostante l’impegno di tante associazioni di volontariato, 700 persone “vivono in condizioni di degrado”, senza riguardi per la loro dignità.

Yvan e i suoi compagni sono costretti ad imparare in fretta le leggi del caporalato. I caporali requisiscono i documenti e li usano per procurarsi altri immigrati clandestini, c’è il rischio altissimo che vadano persi esponendo così al ricatto anche chi è regolare. “Ai lavoratori – spiega Yvan – non è permesso raggiungere i luoghi di lavoro con mezzi propri, devono usare i pulmini dei caporali, pagando il trasporto 5 euro”. I campi sono lontano dai centri abitati: se vuoi bere devi pagare ai caporali 1,50 euro per l’acqua, se vuoi mangiare il panino costa 3,50 euro, quanto ai braccianti viene pagato un cassone di pomodori da 3 quintali. Non conviene avere problemi di salute, il prezzo del trasporto in ospedale è di 20 euro.

Questa situazione è conosciuta da tutti, purtroppo “in queste zone l’illegalità è diventata legge”; addirittura i pulmini dei caporali, racconta Yvan, passano carichi di lavoratori davanti alla stazione delle forze dell’ordine senza essere fermati. Un giorno però qualcosa cambia: servono pomodori da vendere ai supermercati per le insalate, quindi devono essere presi e selezionati uno a uno. Si tratta di riempire gli stessi cassoni di sempre, ma selezionare i pomodori significa raddoppiare la fatica, il tutto allo stesso prezzo. Yvan e gli altri braccianti non ci stanno: è l’inizio della protesta e Masseria Boncuri ne diventa il simbolo. Per settimane lo sciopero blocca la raccolta dei pomodori nel Salento, le istituzioni sono costrette ad ammettere che il problema caporalato esiste e, alla fine, si arriva all’approvazione di una legge contro il caporalato in Italia. Una legge che secondo Yvan è “incompleta, perché bisognerebbe punire anche i datori di lavoro che si servono dei caporali”.

Nel suo Camerun la dignità è sacra “a tutti i livelli sociali” perché è inseparabile dalla persona in quanto tale, per questo Yvan sottolinea la necessità di non guardare alla manodopera migrante con una prospettiva assistenzialista, ma considerandola “una risorsa importante per lo sviluppo di questo paese”. Un altro tema importante è non mettere sempre in campo l’argomento del razzismo, perché questa logica può bloccare sul nascere il senso di solidarietà fra lavoratori. Al centro ci devono essere i lavoratori, non importa se migranti o meno, e i loro diritti. Per questo, secondo lui, la strategia giusta è “la formazione dei lavoratori” e, parallelamente, “la autorganizzazione dei lavoratori dal basso” perché “se organizziamo il lavoro la risposta delle istituzioni sarà veloce”. E la sua vicenda è lì a dimostrarlo.

In conclusione c’è stato tempo anche per una riflessione sull’attualità politica: “Non è un vantaggio che in questa campagna elettorale non si sia parlato del tema dell’immigrazione e degli stranieri?” si è chiesto Yvan.

Federica Pezzoli

Yvan Sagnet è nato a Doula, in Camerun, il 4 aprile 1985. È arrivato in Italia nel 2007 e ora vive fra Roma e Torino, dove studia Ingegneria al Politecnico. Dopo la rivolta di Boncuri collabora con il sindacato dei Braccianti Agricoli della CGIL-FLAI. Paga a caro prezzo la sua battaglia per la dignità e i diritti dei lavoratori: ha ricevuto minacce di morte da alcuni caporali tunisini che ancora operano a Nardò.