Dal record mondiale di ministre donne alla reintroduzione di Ministeri importanti, guidati da personaggi di alto profilo, dalla possibile distensione con la Catalogna al “modello portoghese” attraverso un asse con Podemos, il governo di Pedro Sanchez manda segnali forti per uscire dalla marginalizzazione in cui i socialisti europei sono finiti.

Ha saputo sfruttare il momento migliore, raccogliendo i malumori attorno a Mariano Rajoy, fino a sfiduciarlo e ad assumere la guida del governo spagnolo. Il leader socialista spagnolo Pedro Sanchez ha dimostrato di saper agire di astuzia e, dalla “deposizione” del premier dei popolari ad oggi, ha iniziato la sua avventura governativa con segnali forti, che per molti rappresentano un buon auspicio.
Aldilà dei gesti prettamente simbolici, come l’aver “promesso” e non “giurato” ed averlo fatto senza il crocefisso, sono diversi gli elementi che hanno destato l’attenzione verso il nuovo esecutivo, come ci spiega da Barcellona il giornalista Luca Tancredi Barone.

“Il primo elemento è sicuramente la composizione del governo – osserva Barone – dove due terzi sono ministre donne: 11 ministre e 6 ministri, che rappresenta un record mondiale“.
Al tempo stesso, il giornalista sottolinea altri due elementi. Da un lato la scelta di personalità di alto profilo, che fanno pensare che Sanchez voglia un governo di legislatura e non ad interim; dall’altro la reintroduzione di Ministeri importanti, che Rajoy aveva marginalizzato e che ora tornano centrali, come il Ministero della Scienza, quello della Cultura, o il cambio di nome al Ministero dell’Ambiente e dell’Energia, ribatezzato della “Transizione energetica”, evocando il tema dei cambiamenti climatici e delle energie rinnovabili.

Molti si chiedono, inoltre, se cambierà qualcosa nei rapporti con la Catalogna, dopo la tragica gestione della crisi che ha visto contrapposti il pugno di ferro di Rajoy alle ambizioni indipendentiste catalane.
“Sanchez non si è mai allontanato dalla linea dei popolari – osserva Rajoy – ed ha appoggiato l’applicazione dell’articolo 155, mossa considerata dagli indipendentisti il peccato originale dei socialisti. Ma il cambio degli interlocutori, Pedro Sanchez al posto di Mariano Rajoy e Quim Torra al posto di Carles Puidgemont, potrebbe giocare un ruolo”.

In particolare, il neo-premier spagnolo ha detto di volersi sedere attorno ad un tavolo e discutere, ma è su alcune misure concrete che si potrà misurare la distensione.
“Se a mio avviso non ci saranno cambiamenti sostanziali – prevede il giornalista – l’avvicinamento dei detenuti politici catalani, reclusi in carceri molto lontane da Barcellona e difficilmente raggiungibile dai parenti, e in un secondo momento la scarcerazione prima del processo, dal momento che la pubblica accusa spagnola dipende da una nomina governativa, potrebbero allentare la tensione”.

Per come si sta configurando il governo, dunque, Pedro Sanchez potrà beneficiare di una visibilità che fino a poco fa non aveva. E al momento sembra volersi giocare questa opportunità adottando il “modello portoghese“, dove i socialisti governano con la sinistra.
Quello che manca, rispetto al Portogallo, è una base parlamentare solida, ma i primi segnali raccolti nel dibattito di insediamento sembrano mostrare un’apertura di Podemos.
Il tempo concesso per tornare egemonici e allontanare il morbo di marginalizzazione che ha colpito altri partiti socialisti europei – da quello greco a quello francese, per arrivare al Pd – non è infinito: sono al massimo due anni.

ASCOLTA L’INTERVISTA A LUCA TANCREDI BARONE: