La Regione fa il punto a due mesi dall’entrata in vigore del Res, il reddito di solidarietà. 7500 le domande e 1700 i sussidi già erogati con somme fino a 400 euro al mese. 800 a settimana le richieste di aiuto. I beneficiari sono soprattutto singoli, over 50, esodati e molti working poors, persone che pur avendo un lavoro sono povere. Taruffi: “Il provvedimento ci dice indirettamente gli effetti delle politiche nazionali sul lavoro”.

È entrato in vigore solo lo scorso 18 settembre, ma le domande in Emilia Romagna sono già 7500. La Regione questa mattina ha fatto un primo bilancio del Res, il reddito di solidarietà introdotto con una legge regionale che, come primo firmatario, vede Igor Taruffi, capogruppo di SI-Liberi e Uguali.
La misura di contrasto alla povertà si affianca e integra il Sia (Sostegno all’inclusione attiva), un simile provvedimento di nazionale, ma abbassa la soglia e allarga la platea di chi può fare richiesta. Gli unici requisiti, infatti, sono un Isee fino a 3000 euro e due anni di residenza in regione.

Dall’entrata in vigore ad oggi, dunque, sono 800 emiliano romagnoli a settimana ad aver fatto richiesta del sussidio, che prevede un sostegno fino a 400 euro al mese. Sono duemila, invece, le domande già esaminate, di cui 1700 accolte, alcune con l’aiuto già erogato.
Nella fotografia presentata dal presidente della Regione Stefano Bonaccini, dalla vicepresidente con delega al Welfare Elisabetta Gualmini, insieme Taruffi, primo firmatario della legge, e al co-firmatario Stefano Caliandro, vi è poi spazio alla composizione sociale di chi ha chiesto aiuto.

La composizione di genere è abbastanza omogenea, anche se le donne con figli accedono soprattutto al contributo nazionale, rivolto alle famiglie, mentre gli uomini possono usufruire della misura regionale.
Il 70% dei beneficiari è italiano, mentre la quota restante è composto da stranieri, sia comunitari che extracomunitari. “Questa è una risposta anche a quelle forze politiche che sostenevano che il reddito di solidarietà sarebbe andato solo ai nuovi cittadini”, sottolinea Gualmini.

Interessante anche la distribuzione delle domande per fascia anagrafica: sei domande su dieci sono presentate da cittadini che hanno più di 45 anni, con un ulteriore impennata fra gli over 56, che da soli rappresentano un terzo dei richiedenti. Tra loro, dunque, troviamo sia anziani che persone espulse dal mercato del lavoro in età avanzata e che non riescono a rientrarvi.
A richiedere il sostegno, inoltre, sono soprattutto single, o famiglie unipersonali, che coprono la metà delle richieste. “Il Res – sottolinea la Regione – raggiunge quindi un’area della povertà di cui si sa ancora poco”.

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L’ultimo dato, forse il più interessante per le informazioni che rivela, riguarda la condizione lavorativa di chi è beneficiario della misura.
Contrariamente alle aspettative, infatti, il reddito di solidarietà non va in prevalenza ai disoccupati (38,5%), ma in netta maggioranza a nuclei famigliari con almeno un occupato (61,5%).
Questo certifica la crescita esponenziale anche in Emilia Romagna dei working poors, cioè persone che pur avendo un’occupazione non hanno un reddito sufficiente a vivere.

Ciò è conseguenza della precarietà lavorativa, dei lavori saltuari, dei part-time coatti e anche dei lavori sottopagati.
“Il provvedimento è importante anche perché ci dice indirettamente gli effetti delle politiche nazionali sul lavoro“, sottolinea Taruffi.

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