E’ il giorno delle votazioni per l’elezione del nuovo Capo dello Stato. Stando alle notizie di ieri, il nome proposto da Matteo Renzi, per succedere al dimissionario Napolitano, è quello di Sergio Mattarella. Come insegna la storia, però, chi entra papa esce cardinale. Il premier, anche se si dovesse convergere su un nome diverso, si gioca molto sulla velocità dell’elezione.

L’elezione del Presidente della Repubblica è sempre stato un momento particolarmente delicato per la vita politica italiana. Da sempre in quel metro quadrato di urna, sotto lo scranno del Presidente della Camera, si sono consumati piccole e grandi battaglie a colpi di schede bianche e nomi di bandiera, strane convergenze e storici tradimenti. 

E’ inutile elencare episodi come l’affossamento di Prodi a opera dei 101 franchi tiratori, consumatosi mentre all’esterno la destra improvvisava una mortadellata contro il professore (nonostante si faccia fatica a immaginare una figura più magra di quella registrata ai tempi del Dossier Mitrokhin, a taluni i nomignoli continuano a piacere).  Ancora più inutile ricordare la sconfitta di Fanfani o le speranze tradite di Andreotti ai tempi delle stragi di mafia.

Gli elementi che qui sembra utile sottolineare non mancano. Il primo è la candidatura avanzata da Renzi per succedere a Napolitano: Sergio Mattarella. Ex-democristiano, padre dell’ultima legge elettorale non-incostituzionale, famoso per essere l’unico DC ad essersi dimesso, ai tempi della legge Mammì, Mattarella sembra poter intercettare i voti di tutto il PD, minoranza compresa, Sel e fuoriusciti 5 stelle. Il membro della Corte Costituzionale non piace però a Berlusconi, che continua a puntare su Giuliano Amato e, teme, soprattutto, di rimanere isolato politicamente .C’è infine, trascurando la candidatura di bandiera di Vittorio Feltri, fatta da Lega e Fratelli d’Italia, da capire quale sarà il nome più votato alle quirinarie del Movimento 5 Stelle, che uscirà da una rosa di nomi all’interno della quale sono stati inseriti, con il chiaro intento di promuovere un’azione di disturbo per il Pd, i nomi di Prodi (padre dell’Euro secondo Grillo) e Bersani (il “Gargamella” che concorse, pur involontariamente, a consegnare alla storia politica di questo paese, l’altrimenti inconsistente capogruppo 5 Stelle Roberta Lombardi, poi soppiantata dalla più verace Roberta Taverna).

Non si può al momento prevedere quali saranno le maggioranze che si formeranno da oggi e intorno a quali nomi. Quello che però è certo è che, anche qualora dovesse saltare il nome di Mattarella, in ossequio all’adagio già citato in precedenza, più si andrà avanti nelle votazioni, più il premier si infilerà in una palude. Ed è sulla velocità di questa elezione che Renzi si gioca tutto.