L’edizione 2015 del Premio Politkovskaja di Internazionale al blogger Asif Mohiuddin, che si batte contro il fondamentalismo religioso e per i diritti civili in Bangladesh, dove già 9 suoi colleghi sono stati uccisi. Sopravvissuto ad un attentato e imprigionato per blasfemia, Asif ora è rifugiato in Germania. Ascolta il suo racconto.

Festival Internazionale: Applausi per Asif Mohiuddin

Ha 31 anni Asif Mohiuddin, ma la sua storia è già molto intensa. L’hanno ascoltata, in un silenzio rotto solo dagli applausi, gli spettatori del Cinema Apollo di Ferrara dove, all’interno del Festival di Internazionale , il giovane blogger del Bangladesh ha ricevuto il Premio Politkovskaja 2015 per la libertà di stampa.
Un premio per il suo tenace lavoro di denuncia del fondamentalismo religioso, a cui – è il caso di dirlo – è sopravvissuto. Così non è stato per altri suoi 9 colleghi, uccisi da fanatici islamici.

I diritti delle donne e degli omosessuali e la laicità dello Stato, con la separazione del potere politico da quello religioso sono gli argomenti più frequenti dei suoi post, che gli hanno creato non pochi problemi, ma che al tempo stesso gli hanno dato molta popolarità, facendo diventare il suo blog uno dei più letti in Bangladesh.
I primati, però, non sono solo positivi: per molto tempo Asif è stato ai vertici della black list degli integralisti, composta da 84 nomi.

Il 2013 per Asif è stato un anno terribile. È in quell’anno, infatti, che è stato vittima di un attentato. Alcuni fondamentalisti armati di machete gli hanno teso un agguato, al quale fortunatamente è sopravvissuto.
Dallo Stato, però, non ha ottenuto giustizia, anzi. Le autorità lo hanno accusato di blasfemia per ciò che aveva scritto e lo hanno arrestato.
“Ricordo con piacere l’esperienza in carcere – racconta, con stupore di tutti – perché lì ho potuto conoscere e parlare con molte persone”. Anche con uno dei suoi aggressori, col quale si è confrontato a lungo, ma senza risultati.

Una volta liberato, Asif ha pensato fosse più sicuro rifugiarsi in Germania, da cui prosegue il suo lavoro di denuncia del fondamentalismo religioso e a favore della libertà delle persone.
Quella del blogger del Bangladesh, dunque, è anche una delle tante storie di migrazione di cui poco o nulla sappiamo all’interno dei confini della Fortezza Europa.