Lo sciopero “della dignità e della libertà” dei detenuti palestinesi nelle carceri israeliane è arrivato al trentesimo giorno. Non mangiano e bevono solo acqua e sale per chiedere il rispetto dei diritti basilari. Morgantini: “Israele viola la convenzione di Ginevra”. Giovedì 18 maggio un incontro promosso da Assopace Palestina a Bologna.

L’urlo silenzioso dei detenuti palestinesi in Israele

È una lotta non violenta, quindi i media italiani non ne parlano: più di 1600 detenuti palestinesi nelle carceri israeliane sono arrivati al trentesimo giorno di sciopero della fame per protestare contro le condizioni inumane in cui sono reclusi.
La protesta, partita da Marwan Barghouti, leader di Tanzim, un gruppo paramilitare afferente a Fatah, è diventata virale grazie alla scelta dei detenuti stessi, emulata anche da sostenitori fuori dalle carceri, di bere soltanto acqua e sale.

Lo scorso week end si è tenuta una mobilitazione internazionale in sostegno allo sciopero “della dignità e della libertà”, allo scopo di fare pressione su Israele affinché negozi con gli scioperanti.
In particolare questi ultimi chiedono il rispetto dei diritti minimi durante la reclusione: dalla possibilità di accedere a visite mediche alla possibilità di incontrare i famigliari, dal poter effettuare qualche telefonata al non essere picchiati o torturati.
Ma, ancor prima, sapere il perché sono reclusi, dal momento che lo Stato israeliano fa ampio uso della detenzione amministrativa e incarcera per lungo tempo molte persone senza alcuna accusa formale.

“Tutte richieste contenute nella Convenzione di Ginevra – sottolinea Luisa Morgantini, presidente di Assopace Palestina ed ex vicepresidente del Parlamento europeo – che Israele ha ratificato, ma che non sta rispettando”.
Al contrario, il governo di Benjamin Netanyahu ha risposto alla protesta con la repressione, mettendo in isolamento i leader dello sciopero, gettando fango sulla loro immagine, trasferendoli in diverse prigioni, togliendo loro il sale e rifiutando qualunque negoziato.
“Addirittura ministri come Avigdor Lieberman – sottolinea Morgantini – hanno affermato di non avere problemi se i detenuti finiranno sottoterra”.

Il 18 maggio, alle 18.00 a Palazzo D’Accursio a Bologna, intanto, Assopace Palestina promuove l’incontro “Costruire la pace in Palestina. La vita quotidiana di un villaggio sotto occupazione militare, la resistenza nonviolenta, il ruolo degli internazionali“.
All’incontro interverranno Hafez Houraini e Nasser Nawaka, del Comitato Popolare per la Resistenza Non Violenta di At-Tuwani e Susya, Palestina e la stessa Morgantini. At-Tuwani e Susya si trovano nelle colline a sud di Hebron, dove è nato un movimento di resistenza non violenta all’occupazione e dove operano gli osservatori per i diritti umani di Operazione Colomba.