Mentre a Milano sfilavano 100mila persone per l’accoglienza dei migranti e il premier Gentiloni ringraziava la città “sicura e accogliente”, il ministro Minniti stringeva accordi anti-flussi migratori con Paesi africani. Verranno costruiti centri per migranti in Ciad e Niger. Con la piazza del capoluogo lombardo il Pd delle esplulsioni, dei centri di detenzione e dei tribunali speciali con meno garanzie cerca di ripulirsi l’immagine.

Blackwashing: cos’è successo a Milano

Se il greenwashing è il tentativo di aziende inquinanti di apparire ecosostenibili e il pinkwashing è la strategia con cui gli omofobi tentano di sembrare gay friendly, quella del Pd a Milano sabato scorso, giorno della grande manifestazione per l’accoglienza dei migranti, potrebbe essere definita un’operazione di “blackwashing.
Aiutati dal sindaco meneghino Beppe Sala, che ha blandamente criticato l’operazione poliziesca alla stazione del capoluogo lombardo di qualche giorno prima, gli esponenti del Partito Democratico e dell’attuale governo hanno utilizzato la grande partecipazione alla manifestazione per ripulirsi l’immagine sul tema dell’immigrazione.

Il decreto (ora legge) Minniti-Orlando sull’immigrazione aveva rappresentato una forte virata a destra, ben oltre quanto riuscito al leghista Maroni e al governo Berlusconi. I nuovi centri di detenzione per migranti (non più Cie ma Cpr), l’abolizione di un ricorso in tribunale per i dinieghi alle domande d’asilo, la creazione di sezioni speciali negli stessi tribunali e la trasformazione degli operatori dell’accoglienza in gendarmi – tutte norme contenute nella legge – avevano sollevato l’indignazione di molti. La ciliegina sulla torta era rappresentata dall’accordo firmato con la Libia per porre un freno ai flussi migratori nel Mediterraneo.

La politica degli esponenti “democratici” del governo Gentiloni, però, non è affatto cambiata grazie ai 100mila in piazza a Milano per chiedere accoglienza ai migranti. A dare una mano anche la stampa filogovernativa, secondo cui la manifestazione rivendicava l’integrazione, concetto più digeribile ai razzisti da social network, che non perdono occasione per ribadire che “gli immigrati devono adeguarsi alla nostra cultura”.
Il premier Gentiloni, visti i numeri della piazza lombarda, ha commentato “Grazie Milano sicura e accogliente“, tanto per ribadire lo stereotipo xenofobo secondo cui lo straniero è fonte di insicurezza e criminalità.

La presa in giro, però, è ancora più grave se si pensa che nelle stesse ore del corteo milanese – quello in cui i centri sociali che richiamavano alla coerenza degli esponenti politici venivano definiti “contestatori” – il ministro degli Interni Marco Minniti era al Viminale a stringere accordi con altri Paesi di transito dei migranti, al fine di fermarne la partenza, anche a costo di rinchiudere in appositi centri le persone in fuga.
In una dichiarazione congiunta di Italia e ministri di Libia, Niger e Ciad, si apprende che è stato siglato un accordo per la realizzazione di centri di accoglienza in Niger e Ciad “rispondenti agli standard umanitari internazionali”, dove verranno reclusi (ma non è questo il termine utilizzato nel comunicato) i migranti che dall’Africa subsahariana raggiungono la Libia per poi imbarcarsi verso l’Italia.