Dopo la Cgil, è l’Usb a proclamare per domani uno sciopero generale, questa volta nazionale. Al centro della protesta le politiche del governo Renzi, dal Jobs Act alla legge di Stabilità. A Bologna concentramento in piazza XX Settembre alle 9.00 e corteo fino sotto la sede di Unindustria. Betti: “Non serve l’unità dei sindacati, ma dei lavoratori”.

Dopo lo sciopero regionale della Cgil e alla vigila della manifestazione del sindacato della Camusso a Roma, domani ad incrociare le braccia saranno le lavoratrici e i lavoratori dell’Unione Sindacale di Base.
Lo sciopero generale è nazionale, ma le manifestazioni si svolgeranno su base territoriale. A Bologna il concentramento è previsto per le 9.00 in piazza XX Settembre. Da lì, il corteo si muoverà fin sotto la sede di Unindustria, “l’unica realtà ad essere felice per le misure del governo Renzi”, sottolinea Massimo Betti dell’Usb.

Al centro della protesta tutte le misure dell’esecutivo: dal Jobs Act con la questione dell’articolo 18, del demansionamento, del contratto a tutele crescenti e dell’ulteriore precarizzazione del mondo del lavoro, fino ai contenuti della legge di Stabilità, che per Usb rappresenta un combinato disposto per distruggere ogni forma di tutela nel mondo del lavoro.
“Il concetto che sta alla base della legge di Stabilità – sostiene Betti – è che tagliando l’Irap alle aziende e togliendo quelli che vengono considerati come lacci, che per noi invece sono diritti, gli imprenditori assumeranno. Ma non è così”.

L’Usb chiede invece non solo la cancellazione della riforma Fornero e l’estensione dell’articolo 18 a tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori, ma anche un investimento del pubblico nella creazione di nuovi posti di lavoro. “Lo Stato potrebbe creare migliaia di posti di lavoro, ad esempio con la messa in sicurezza del territorio, visto che ad ogni pioggia c’è un’alluvione; oppure con lo smaltimento delle pratiche nei tribunali, visto che per un cittadino normale la durata della giustizia è infinita”, afferma il sindacalista.

Quanto all’opposizione alle misure del governo, Betti sostiene che non sia necessaria l’unità delle sigle sindacali, ma quella dei lavoratori. “L’unità dei sindacati è impossibile – spiega Betti – perché Cgil, Cisl e Uil vengono da quarant’anni di concertazione che hanno provocato la situazione attuale. La Cgil si mostra intransigente oggi, ma sappiamo che questo atteggiamento è dovuto anche alla lotta intestina al partito di riferimento, il Pd”.

Cosa diversa, invece, è l’unità dei lavoratori: “La crisi sta appiattendo verso il basso enormi strati della popolazione e oggi più di ieri è possibile compattare i lavoratori per fare fronte comune. Nelle assemblee sindacali che svolgo in questi giorni, ad esempio, trovo lavoratori che comprendono molto più di qualche tempo fa la necessità di occupare case per dare una risposta al problema abitativo”.