I peshmerga curdi hanno annunciato di aver ripreso il controllo della diga di Mosul,nel nord del paese, fino a poche ore fa nelle mani dei jihadisti dello Stato Islamico. Il bacino fornisce acqua ed elettricità a tutto l’Iraq settentrionale. L’aviazione americana ha appoggiato l’operazione contro l’Isis con 14 raid aerei.

Notizie Iraq: i curdi avanzano

Dopo dieci giorni sotto il controllo dei miliziani jihadisti dello Stato Islamico, la diga di Mosul, uno dei bacini idrici più importanti dell’Iraq, torna nelle mani dei pershmerga curdi. Lo annunciano oggi funzionari curdi. L’operazione è stata condotta con l’appoggio dell’aviazione americana che ha colpito con 20 raid tra ieri e oggi le postazioni dei jihadisti. La riconquista della diga costituisce un risultato importante, non solo perchè il bacino di Mosul fornisce acqua ed elettricità a tutto il nord del paese, ma anche in virtù della minaccia jihadista di farla saltare, il che avrebbe prodotto conseguenze devastanti per tutta la zona.

Nonostante ciò, la situazione nel paese resta quanto mai instabile. Mentre si rincorrono voci che vedono nei miliziani Isis gli autori di uccisioni di massa e rapimenti, quanti possono cercano di mettersi in salvo, trovando rifugio in campi profughi in Siria o nello stesso kurdistan iracheno.

Sul piano diplomatico l‘Unione Europea, sotto la spinta decisiva della Francia, ha dato il suo assenso alla consegna di armi ai peshmerga curdi considerati, ormai come l’unico argine ad un’avanzata islamista che sta distruggendo l’assetto regionale. A breve anche il Parlamento Italiano, come dichiarato dalla ministro degli esteri Mogherini, che ha insistito sul passaggio parlamentare, dovrebbe dare il suo ok all’invio di armi ai curdi.

Meno nobile, e anche meno interessante, il dibattico politico creatosi in Italia intorno alla vicenda. In un trionfo di semplificazioni da ombrellone e crema abbronzante al cocco, le migliori menti del paese, ci stanno regalando perle di rara saggezza. Se un “fesso” (prendendo in prestito la definizione del collettivo Wu Ming), non riesce a distinguere terrorismo e resistenza, perpetrando il modello imperialista del buon selvaggio (o il suo esatto opposto) e semplificando in maniera disarmante un contesto incredibilmente complesso, dall’altra parte altri “fessi” condannano il primo invocando l’irrinunciabile distinzione tra vittime e carnefici. Distinzione, quest’ultima, che andrebbe anche bene in questo caso, ma che non è credibile se a invocarla è chi, davanti al massacro di Gaza, ha saputo soltanto ribadire il diritto di Israele a difendersi.

A chi ha un pò di memoria, non sfuggirà, infine, l’ironia, magari un pò noir, che pervade tutta la parabola della politica estera italiana. Provate a riascoltare le parole pronunciate da quanti hanno scoperto oggi una profonda vicinanza culturale e ideale con i curdi, quando il maggiore leader del popolo curdo in Turchia, Abdullah Ocalan, arrivò in Italia per chiedere asilo politico e, in tutta risposta, fu “venduto” con l’inganno ai turchi, bollato come terrorista.