Dopo il nuovo incontro tra Pd e Fico sono state segnalate “novità” dal segretario reggente Martina, che ha fissato al 3 maggio la direzione che dovrà decidere un’eventuale alleanza. I renziani sono contrari, mentre per Sergio Lo Giudice (Retedem) è possibile tentare un matrimonio di interesse del Paese coi 5 Stelle, partendo dal programma del Pd. E sulla base: “Abbiamo spiegato l’accordo con Berlusconi, possiamo spiegare anche quello con Di Maio”.

Nuovo round di consultazioni per il presidente della Camera, Roberto Fico, incaricato dal capo dello Stato di sondare M5s e Pd in vista di un eventuale accordo di governo. Fico ha visto la delegazione Dem e quellaM5s e riferirà al capo dello Stato l’esito delle sue consultazioni. Il segretario reggente Maurizio Martina ha sottolineato i passi in avanti di M5s, ma anche le diversità rispetto ai pentastellati e fatto sapere che sarà la direzione del Pd, convocata per il 3 maggio, a decidere la linea da tenere rispetto al confronto avviato.

Dopo il primo incontro con Fico, la componente renziana del partito ha cominciato a scalpitare e non ha tardato a manifestare la propria contrarietà. Sebbene dimessosi da segretario, Matteo Renzi è tornato a porre un veto e, seppur indirettamente, contestare la linea di dialogo tenuta dal reggente Martina. Una delle argomentazioni utilizzate dall’ex premier è la presunta contrarietà della base del partito ad un accordo di governo col M5S.

La componente renziana del partito, però, sembra essere l’unica ad opporsi ad un tentativo. La correnti che fanno capo a Michele Emiliano, Gianni Cuperlo e anche Retedem hanno approvato la condotta di Martina e continuano a sostenere il suo operato.
“Noi dobbiamo uscire dalla dicotomia di chi è a favore e chi contro il governo coi 5 Stelle – afferma ai nostri microfoni l’ex senatore Sergio Lo Giudice (Retedem) – Nessuno dotato di senno può pensare di sostenere un governo Di Maio col programma del M5S, ma non si può nemmeno nascondere la testa sotto la sabbia. Noi dobbiamo vedere le carte e vedere se, a partire dal programma del Pd, nell’interlocuzione col programma del M5S, esiste un’altra stada di sintesi”.

Per Lo Giudice, bene fa Martina a verificare se è possibile un accordo per quella che non sarebbe un’alleanza strutturale, perché “usciamo da una campagna elettorale in cui ce le siamo date di santa ragione”, ma per una sorta di “matrimonio di interesse, dove l’interesse è quello del Paese, l’interesse è quello per cui Mattarella non vuole mandarci a votare in un contesto in cui questo rappresenterebbe per le tasche degli italiani, per la tenuta dei conti e per la credibilità internazionale, una ferita”.

Certo, ammette l’ex senatore, è vero che “di responsabilità si può morire“, ma al contempo non reggono le argomentazioni su quello che sostiene la base. Da un lato perché la base ha posizioni molto più articolate di quelle evocate da Renzi e dall’altro perché è opportuno spiegarle le ragioni di un’eventuale scelta.
“Del resto veniamo da un accordo di governo con la destra – sottolinea Lo Giudice – Se avessimo chiesto alla base se era favorevole ad un governo con Berlusconi, il 99% avrebbe risposto di no. Se abbiamo spiegato l’accordo con Berlusconi, possiamo spiegare anche quello con Di Maio“.

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