Spuntoni per impedire di sedersi o braccioli sulle panchine per impedire di sdraiarsi. L’architettura ostile, sviluppatasi nei Paesi anglofoni, sta prendendo piede anche in Italia. La progettazione urbanistica nelle mani del mondo del business porta ad allontanare soggetti considerati indecorosi.

Architettura ostile: Le discriminazioni passano anche per l’urbanistica

Negli ultimi anni le nostre città hanno visto il diffondersi di un nuovo fenomeno urbanistico: l’architettura ostile.
Molto più diffusa nei Paesi anglosassoni, ma comunque visibile anche nel resto del mondo occidentale, l’architettura ostile (in inglese defensive architecture) è stata creata con lo scopo preciso di dissuadere i cittadini a tenere comportamenti considerati “anti sociali” in pubblico.
Un fenomeno che si manifesta sotto molteplici forme: dalle panchine con un bracciolo metallico montato nel mezzo, agli spuntoni di metallo installati sui gradoni davanti a banche, supermercati e residenze private, alle fermate del bus con seggiole inclinate, fino ad elementi urbanistici pensati contro gli skateboard.

Se non avete mai notato ciò di cui stiamo parlando, non preoccupatevi: significa solo che non fate parte del target degli “indesiderati”. L’architettura ostile è infatti indirizzata esclusivamente ai gruppi sociali considerati più “devianti”, dai senzatetto agli adolescenti, e lanciano un messaggio chiaro: non vi vogliamo qui.
E così si scopre, ad esempio, che gli spuntoni di metallo incastonati sui gradoni dei supermercati non sono elementi decorativi, ma un modo semplice ed efficace per evitare che le persone possano sedersi o sdraiarsi davanti al negozio; o che il bracciolo centrale di alcune panchine e le seggiole inclinate delle pensiline delle fermate dei bus sono stati pensati per impedire ai senzatetto di dormirci sopra.

Il mimetismo, tipico di questo genere di architettura, è la parte più interessante di questo fenomeno: chi non fa parte del gruppo sociale da respingere, probabilmente non noterà neanche la stranezza di queste infrastrutture. Un po’ come dire “non capisci perché ci sia un bracciolo al centro della panchina finché non ti capita di dover dormire per strada”.
Ecco quindi un nuovo metodo di discriminazione economica, perfetto poiché sottile abbastanza da non fare troppo scalpore, che è pronto a proteggere gli occhi di chi passeggia per i centri storici delle nostre città da visioni ritenute indecorose come un senzatetto che dorme o un gruppo di ragazzi che fa skate.

L’architettura ostile, quindi, si propone di risolvere alcuni problemi sociali semplicemente cercando di coprirli, nasconderli, renderli invisibili ai più.
“La creazione di spazi pubblici, di accoglienza o di sostegno a queste minoranze sociali – spiega ai nostri microfoni Juan Lopez Cano, architetto del Collettivo Orizzontale , che si occupa invece di riappropriazione di spazi per la socialità – non porterebbe alcun profitto”. Per questo motivo il pubblico ha sempre più delegato al privato la progettazione urbanistica delle città e il risultato è che a prevalere è la logica del business, che sarebbe disturbata da persone considerate devianti. Grazie ad elementi architettonici, dunque, queste ultime sono costrette ad allontanarsi dai centri storici, dalle persone per bene, confinati nelle periferie.

Gli esempi europei ed italiani sono infiniti. A Londra è nato un dibattito proprio a causa di strutture architettoniche che impediscono agli skater di muoversi liberamente, mentre in Spagna la riprogettazione urbanistica di città globali come Barcellona ha portato a pensare gli spazi in modo funzionale ad un certo tipo di turismo ed ostile nei confronti degli homeless che fino a qualche anno fa popolavano la città. Le nuove ed accattivanti panchine singole, più che a criteri stilistici o di design, rispondono alla necessità di impedire il bivacco. Fino ad arrivare alle stazioni dello Stivale, nelle cui sale di attesa le sedute sono state recentemente sostituite per scoraggiare la presenza di mendicanti.

Come ha suggerito Rowland Atkinson, del Centre for Urban Reasearch dell’Università d New York, “l’architettura ostile non è altro che una piccola parte dell’idea più generale di ostilità ed indifferenza nei confronti delle differenze sociali e della povertà nelle città. Ci sono una serie di processi, tra cui quelli economici, che fanno parte di quest’idea. Ma adesso il passo successivo sembra essere quello di dire: Non vi lasceremo vivere neanche nel modo più disperato possibile”.

Veronica Ventura