Il “Muslim Ban” di Donald Trump, col quale bandisce l’ingresso di islamici negli Usa, ha provocato proteste in tutto il mondo, ma rischia anche di ringalluzzire gruppi ed estremisti razzisti da un lato e jihadisti dall’altro. Sabato l’incendio di una moschea in Texas e domenica la strage di musulmani in Canada. In Europa non va meglio: i report della Commissione Europea contro il razzismo e l’intolleranza (Ecri) parlano di un aumento dell’incitamento all’odio razziale e dell’islamofobia. Talvolta “legittimato” dalle istituzioni.

Come camuffare l’islamofobia: il muslim Ban

C’è un’inquietante cronologia tra il Muslim Ban di Donald Trump, l’incendio di una moschea in Texas e l’attentato ad una moschea in Canada, che ha provocato la morte di sei persone.
Venerdì scorso il presidente statunitense ha firmato l’ordine esecutivo, con effetto immediato, per bandire l’ingresso negli Usa di cittadini di 7 Paesi a maggioranza islamica, ribatezzato Muslim Ban. Appena 24 ore dopo un misterioso incendio ha distrutto una moschea (per fortuna vuota) a Victoria, in Texas, e nemmeno 48 ore dopo un commando ha provocato la strage di islamici a Quebec City, in Canada.
Se è troppo azzardato sostenere che vi sia un filo rosso che lega i tre avvenimenti, di sicuro l’esempio di intolleranza dato dalla politica ringalluzzisce e sembra dare legittimazione a gruppi razzisti e islamofobi.

Gli ultimi rapporti dell’Ecri , la Commissione Europea contro il razzismo e l’intolleranza, evidenziano nel Vecchio Continente un aumento degli episodi di xenofobia e islamofobia, tanto in rete che nella vita reale. In particolare, un numero crescente di episodi di discorsi di incitamento all’odio ha dato luogo a procedimenti giudiziari. “Questo da un lato è positivo, poiché significa che il potere giudiziario fa il proprio lavoro – spiega ai nostri microfoni Stefano Valenti, responsabile Relazioni Esterne dell’Ecri – Dall’altro lato, però, è un fenomeno allarmante, perché ci dà l’idea dello sdoganamento di certi discorsi ormai utilizzati frequentemente, come ad esempio associare l’Islam al terrorismo”.

I rapporti della commissione ci raccontano alcuni tratti che accomunano fenomeni presenti in tutta l’Europa occidentale. Da un lato la sovrastima della popolazione autoctona rispetto alla presenza di cittadini musulmani. “In un sondaggio svolto in Italia due anni fa – osserva Valenti – la percezione della presenza di cittadini di fede musulmana si attestava al 20%, mentre i dati reali vanno dal 5 al 7%”.
Questo crea da un lato una sensazione di invasione, dall’altro una risposta discriminatoria che penalizza soprattutto le donne musulmane. L’abbigliamento, in particolare, può portare a difficoltà a trovare lavoro, relegando le donne musulmane in casa ed ostacolando i processi di integrazione.

Vi è poi il tema dei luoghi di culto, che nei Paesi dell’Europa occidentale sono pochi. Eppure, sottolinea l’Ecri, essi possono favorire l’integrazione e prevenire l’estremismo.
Su questo versante, sono purtroppo anche le istituzioni a veicolare un implicito messaggio xenofobo. Valenti cita il contenzioso tra la Regione Lombardia e lo Stato sulla legge che ostacolava la costruzione di moschee. “Ciò alimenta l’idea che i cittadini di fede musulmana non fanno parte della nostra società”, osserva l’esperto.

La Comunità Islamica di Bologna ha commentato gli attacchi in Texas e in Canada collegandoli al messaggio lanciato da Trump attraverso il suo provvedimento. “Queste le prime conseguenze di una politica vergognosa basata sull odio e la discriminazione”, si legge sulla pagina Facebook della comunità.
Ai nostri microfoni, il coordinatore Yassine Lafram spiega meglio la sua posizione: “Non c’è un filo rosso diretto tra gli avvenimenti, ma le parole hanno un peso e questo dovrebbe essere tenuto in conto da un rappresentante delle istituzioni”.
Per Lafram, oltre ad un aumento delle aggressioni e degli episodi di islamofobia, le parole e i provvedimenti di Trump potrebbero fomentare le radicalizzazioni e le follie jihadiste, esponendo e mettendo a rischio le vite di tanti cittadini in tutto il mondo occidentale.

Quanto alla strage alla moschea di Quebec City, per il coordinatore della Comunità Islamica di Bologna i musulmani non sono le uniche vittime. “L’attacco è rivolto anche a tutto il Canada – osserva Lafram – al suo modello di accoglienza e alle sue politiche positive sull’immigrazione”.
Politiche molto differenti, ad esempio, da quelle che vediamo in Europa, dove ci sono richiedenti asilo costretti a vivere all’aperto, in condizioni igienico-sanitarie pessime e con temperature rigide.
La partita che si sta giocando, sembra osservare il rappresentante dei musulmani di Bologna, è molto più ampia e deve coinvolgere tutti.