Un compositore laziale vivente, autore di celeberrime colonne sonore, che ha lavorato per importanti registi italiani e stranieri, in occasione dell’uscita, il 9 novembre scorso, di un disco di sue musiche inciso in concerto, dal vivo, oltre a costituire il piatto forte della trasmissione, mi stimola inoltre ad alcune riflessioni sulla cosiddetta “pericolosità” dell’arte delle 7 note.

Diceva Goffredo Petrassi, che la musica è un mezzo per conoscere sè stessi, ed in effetti, in questo senso, la si può definire altamente pericolosa, in quanto conoscere sè stessi, in un’epoca d’anime morte come l’attuale, può rivelarsi fin troppo facilmente frustrante e disagevole, forse sarà anche per questo che mi sono periodicamente imbattuto in soggetti ambosessi totalmente refrattari a qualsivoglia genere musicale, compresi quelli più deleteri, o la cui fruizione della medesima era alquanto occasionale e superficiale.

“La musica è pericolosa” è il titolo di un bel libro uscito nel 2014 e divenuto l’anno dopo uno spettacolo teatrale itinerante, del romano Nicola Piovani, compositore, pianista e direttore d’orchestra, classe 1946, conosciuto in Italia e nel mondo, soprattutto per la sua attività in campo cinematografico con registi come Marco Bellocchio, Federico Fellini, Paolo e Vittorio Taviani, Giuseppe Tornatore, Mario Monicelli, Nanni Moretti, Roberto Benigni, Bigas Luna, Luis Sepulveda, Philippe Lioret, John Irvin, premio Oscar nel ’99 per la musica di “La vita è bella” di Benigni. In aggiunta a ciò, è anche autore di lavori per il teatro (spesso in tandem con Vincenzo Cerami), per la sala da concerto, così come di canzoni (tra cui un paio per Fabrizio De Andrè), nominato nel 2008 dal ministro francese della cultura, “Chevalier dans l’ordre des Arts et des Lettres”.

“La musica è pericolosa. Agisce ad un livello così profondo e inconscio da diventare pericolosa. E’ un fatto estremamente misterioso che non so bene con cosa ha a che fare. Ma io avverto sempre nella musica una specie di minaccia, un risucchio pericoloso.” Questa frase di Fellini, riportata nel libro di Piovani, origina probabilmente da una sua esperienza infantile per lui traumatica, con l’opera lirica, quando si trovò ad assistere ad una rappresentazione teatrale seduto in una postazione molto vicina alle percussioni dell’orchestra, cosa che indubbiamente contribuì a rendergli l’esperienza ancora più dirompente. Questo, però non gli ha impedito d’avvalersi, da regista, di musicisti di vaglia come il compianto Nino Rota e, per l’appunto, morto quest’ultimo, di Nicola Piovani, la cui esistenza, “la rocambolesca avventura di essere musicalmente  al mondo”, scandita da incontri memorabili come quello con Ennio Morricone, si svolge più che mai nel segno della musica, veramente una “vita cantabile” come riportato nel risvolto di copertina del libro summenzionato, che dimostra ancora come, partendo dalla musica, si possa trattare dell’esistenza umana nel suo complesso; personalmente ho trovato nel corso del tempo insospettate connessioni con vari aspetti del mio quotidiano, compreso il mio operare attualmente in seno ad una cooperativa agricola,  ad ulteriore riprova che nessun campo dello scibile umano è un compartimento stagno, cosa di cui ci dimentichiamo troppo facilmente, con esiti regolarmente nefasti. In questo senso, la musica non è pericolosa, è PERICOLOSISSIMA! Certo è che, a livello di pericolosità in senso completamente negativo, potrei menzionare musicisti fintamente impegnati, come Giovanni Allevi in primis, ma per il momento, mi limito a citare il titolo di una storica trasmissione televisiva a cura di Luciano Berio, liquidando la questione con la frase “C’è musica e musica” (sic!).

Postludio: il disco da cui verranno tratti gli ascolti, inciso dal vivo presso l’Auditorium Rai “Arturo Toscanini” di Torino, il 5 ottobre 2016, riporta questo breve commento di Piovani: “Nei concerti di musica da film, spesso, per esempio nel mio caso, si eseguono le partiture sinfoniche originali, cioè quelle scritte per le registrazioni della colonna sonora del film, ma riallestite in forma di suite sinfoniche. Riallestite in che senso? Nel senso che le musiche composte per un’opera cinematografica, durante le registrazioni, vengono poi quasi sempre riadattate, scomposte e riaggregate per funzionare nel montaggio del film. Alcune sequenze, ad esempio, vengono commentate con elementi semplicemente armonici privi del tema, altre con sole sequenze ritmiche, altre con poche battute icasticamente interrotte, con frammenti della partitura originale dilatati, reiterati, scorciati. I film contengono parti scomposte di una struttura musicale che, insieme a dialoghi e rumori, “ri-compongono” una nuova partitura cinematografica. Non mancano naturalmente in un film, momenti in cui una musica si ascolta nella sua interezza, nella sua complessità, ma questo accade in poche sequenze, a volte quasi solo nei titoli di testa o di coda. Nel concerto registrato su questo disco, abbiamo eseguito le partiture da cui sono nate le colonne musicali per il cinema dei Taviani, di Benigni e di Fellini, in un montaggio “da concerto”, che le presenta nella loro interezza e che vuole essere come un riassunto dell’anima sonora di quelle opere cinematografiche.” Questa è la sintetica presentazione contenuta nel magro libretto del cd in questione, a cui non sarebbe stato affatto male aggiungerci pure un saggio più esteso, più dettagliato e circostanziato sulle musiche, sui film e sui registi in questione, oltre che cenni biografici sul compositore e sull’orchestra che esegue i brani, ma tant’è, è il tipico malvezzo delle case discografiche questa sciatteria editoriale, per giunta essendo un titolo venduto a prezzo pieno, ecc. ecc.

– Gabriele Evangelista