Il sabato del villaggio jazzistico ha sconfitto la pioggia riparandosi sotto le blue notes

“Nonostante sonno e pioggia siete venuti numerosi qui a Nova Gorica per la terza giornata di Jazz&Wine!” così lo speaker accoglie il folto pubblico che ha invaso pacificamente la Kulturni Dom della cittadina slovena per ascoltare il Gaetano Liguori New Quintett.

In realtà qui ritroviamo l’antico Trio Idea del pianista milanese (ha marcato visita il batterista Filippo Monico sostituito da Massimo Pistorio) con l’eterno compagno Roberto del Piano al basso elettrico. Con il suo trio Liguori attacca il concerto presentando tre brani legati al repertorio storico. Il suo pianismo si è fatto più lirico rispetto ai ruggenti anni’70 e l’improvvisazione tayloriana è stata sostituita da una maggiore dolcezza descrittiva, come nel brano “Chiaro di Luna”. Poi alla combo si aggiungono il sax alto di Piero Bittolo Bon e il trombone di Filippo Vignato. Sono due giovani musicisti promettenti, in particolare evidenza Bon dotato di un fraseggio dolphiano dal sapore bop. Dopo un paio di brani di riscaldamento, il New Quintett ha riproposto a seguire un’antica suite presentata nell’allora Festival dei Giovani Comunisti di Cuba (“eravamo impegnati e lo siamo rimasti”, rivendica Liguori) fatta di momenti free alternati a ritmi dal sapore inequivocabilmente latinoamericano. Proprio ai due giovani fiati il compito di non far rimpiangere i solisti di allora, i compianti Urbani e Terenzi: una sfida difficile affrontata con fierezza ed energia. E’ toccato al bis riportarci ai giorni del movimento studentesco milanese, quando Liguori ha rinverdito la Ballata dello Studente Assassinato dedicato a Franceschi, militante politico ucciso dalla polizia.

Il pomeriggio ci si sposta nella tenuta vinicola, Angoris e veniamo catapultati in una mega cantina, nel magico mondo dove si crea il miracolo del vino doc. Altissime cisterne in metallo ricreano quasi una scenografia fantascientifica alla Dottor Quatermass con i suoi i Vampiri dello Spazio, ma in quegli enormi serbatoi non crescono orribili baccelloni di ultracorpi, ma bollono mosti in fermentazione, tanto che al solo respirarne l’aria c’è da temere la prova del palloncino della stradale.

In questa fantastica location arriva l’ucraino Enver Izmaylov, chitarrista capace di mille suoni e altrettante situazioni musicali. E’ giustamente considerato un maestro del tapping, ovvero dell’uso della chitarra suonata con entrambe le mani sul manico pizzicando le corde. L’effetto stravolge il classico sound dello strumento, rendendolo ora una spinetta, ora un banjo, ora una marimba, a volte quasi un violino e, perché no, anche una chitarra.

Si comincia con alcuni brani ruffiani con reinterpretazioni beatelsiane (Come Together e Michelle). Poi si passa al cuore nel set dove il musicista rivive arie balcaniche, armene, afgane, arrivando fino all’epopea musicale indiana, dove echeggiano nitidamente suoni da sitar e percussioni da tablas.

Non manca nemmeno la Grande Madre Russia, che però finisce con uno stacco da Smoke on the Water dei Deep Purple. Infatti qui la musica non è fatta di piccole patrie malinconiche o di una pedante filologia, ma richiama ciò che in tutt’altro contesto ha visto musicisti come Louis Sclavis percorrere le strade del Folklore Immaginario. Divertente anche una sorta di Stripsody per chitarra, con tanto di gatti, cani, mucche, cavalli e zanzare, tutte le bestie della vecchia fattoria con tanto di aggiunta di moto, aerei e sirene d’ambulanza. Un set in cui gli elementi del puro spettacolo si mischiano sapientemente con forti momenti musicali. Uscendo il pubblico si divide tra chi acquista il cd di Izmaylov e chi preferisce comprare un cabernet della tenuta.

La sera torniamo al teatro di Cormons per ascoltare il Trio del bassista Henri Texier, con il figlio Sebastienne al contralto/clarino/clarino basso e la batteria di Christophe Marguet. L’attesa era più che giustificata, visto anche il successo che lo stesso Texier, questa volta in quartetto con l’aggiunta del sax baritono di François Corneloup, aveva conseguito recentemente a Saalfelden. In realtà il gruppo presenta anche a Cormons elementi di grande qualità, confermando ad esempio il valore del giovane Sebastienne. A volte però il sound generale scende di tono, quasi che mancasse un pistone (magari un sax baritono…) ad assicurargli sempre velocità. Alcuni brani sono gli stessi di agosto (For Elvin dal sapore coltraniano dedicato al grande Elvin Jones, o Desaparesidos in ricordo di generazioni assassinate dai generali arrgentini), altre sono composizioni espressamente studiate per il trio, tra momenti soffusi dal clarino ad altri più nervosi dal sapore colemaniano.

Standing Ovation infine per lo staff di Controtempo, un gruppo di volontari che, con la loro passione per il jazz, rendono possibile la riuscita di questa manifestazione, anche alla faccia della pioggia.