Dopo i problemi dei respingimenti scolastici e in vista del crescente numero di alunni stranieri, Comune e Provveditorato hanno redatto un protocollo per l’accoglienza e l’inclusione nelle scuole del primo ciclo. Ma un gruppo di docenti è critico: “Si polarizzano le risorse e, dopo la classe-ponte, c’è il rischio di scuole-ponte”.

Minori stranieri: l’accordo tra Comune e Provveditorato

In vista della quota crescente di minori stranieri iscritti nelle scuole bolognesi, l’Amministrazione comunale e i dirigenti scolastici bolognesi, guidati dall’Ufficio Scolastico Provinciale, hanno redatto un protocollo per l’accoglienza e l’inclusione degli alunni stranieri nelle scuole del primo ciclo che non possiedono una conoscenza minima della lingua italiana.
All’interno di questo strumento vi è la creazione di 5 scuole polo che avranno il compito di gestire l’accoglienza e la redistribuzione degli alunni stranieri sul territorio scolastico bolognese.

Gli alunni stranieri delle scuole del primo ciclo a Bologna sono 4.558, pari al 23% del totale degli alunni, una cifra rilevante rispetto al dato provinciale (15,5%) che ha spinto il Comune e i dirigenti scolastici dei 22 istituti d’istruzione statale a redigere un protocollo per apportare delle misure correttive nella gestione dell’inserimento scolastico dei bambini stranieri nelle scuole bolognesi.

Il punto essenziale del protocollo è l’istituzione di 5 scuole-polo che possano fungere da punto di contatto tra le famiglie straniere e le scuole bolognesi per l’inserimento dei bambini. Ad ogni zona della città è stata istituita una scuola polo (l’Istituto Comprensivo 1 per l’area Reno, l’I.C. 5  per il Navile, l’ I.C.7 per San Donato/San Vitale, l’I.C. 12 per Savena/Santo Stefano) e l’azione di coordinamento tra queste sarà gestito dal Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti metropolitano (CPIA) in centro città.

Le scuole-polo non avranno solo il compito di fornire una prima accoglienza agli alunni stranieri provenienti dai paesi terzi e di individuare sul territorio la scuola disponibile di accoglienza, dovranno anche impegnarsi in un’azione di monitoraggio sull’iscrizione degli alunni provenienti dei paesi terzi e, soprattutto, condividere con le scuole della rete in maniera efficace le risorse comunali.
Creare una rete fra le scuole in merito all’integrazione dei minori stranieri e razionalizzare le risorse già esistenti: questi sono gli obiettivi da raggiungere secondo Maria Luisa Martinez, dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale, che ribadisce un’implementazione senza risorse extra.

Tuttavia alcuni referenti degli I.C. hanno sollevato diverse perplessità sul Protocollo, che, in primo luogo, non rappresenterebbe un uso più efficente delle risorsa in quanto va a creare nuove figure senza prendere in considerazione quelle esistenti, come il Centro di Documentazione/ Laboratorio per l’educazione interculturale, Cd-Lei, ed inoltre sbilancia le funzioni di accoglienza e gestione su 5 istituti a fronte dei 22 esistenti. In secondo luogo, oltre all’inserimento degli alunni stranieri nelle classi ordinarie, il protocollo prevederebbe, nel caso il livello linguistico lo richieda, delle ore integrative di recupero linguistico da svolgere appunto nelle scuole-polo che potrebbero essere diverse da quelle in cui il ragazzo è stato assegnato.

Secondo Francesca Gattullo, docente referente dell’Ic 20, dal punto di vista organizzativo il modello pensato potrebbe rappresentare un problema per le famiglie dei bambini che, lavorando, avrebbero delle difficoltà a portare i figli in più scuole lungo la giornata. Il rischio, quindi, è che le scuole-polo diventino delle scuole-ponte.
Questi dubbi e perplessità potrebbero rientrare per l’inizio del prossimo anno accademico quando il Protocollo diventerà effetivamente operativo. Per quel momento i referenti sperano di apportare delle modifiche al Protocollo e di integrare anche la parola di coloro che non sono stati presi in considerazione, insegnanti ed altri addetti ai lavori, nella redazione del Protocollo.

Michela Sartini