Le associazioni di migranti scrivono al difensore civico regionale perché alcuni Comuni, nonostante la legge, non accettano l’iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo. Intanto sono scaduti i termini della sanatoria per la regolarizzazione. “Una sanatoria che esclude e crea clandestinità”.

Città Migrante, Sportello Migranti Tpo ed altre associazioni che si occupano di immigrazione hanno scritto al difensore civico regionale per segnalare un problema incontrato dai richiedenti asilo. In molti Comuni della Regione Emilia Romagna, nonostante esistano precise disposizioni di legge, non vengono accolte le richieste di iscrizione nella popolazione residente, anche quando i richiedenti asilo hanno una abituale dimora.

“È una violazione gravissima – spiega Neva Cocchi dello Sportello Migranti Tpo – soprattutto perché non avviene per mancanza di informazione”. Secondo l’attivista, infatti, le Amministrazioni comunali rifiutano le iscrizioni anagrafiche per non accollarsi gli oneri economici che ben presto potrebbero dover sostenere.
A fine anno, infatti, scade l’emergenza sancita dalla Protezione Civile in seguito agli sbarchi dal Nordafrica, in particolare dalla Libia, dopo le primavere arabe e la guerra a Gheddafi e il governo Monti ha già fatto sapere di non voler mettere ulteriori risorse per risolvere il problema.

“La registrazione anagrafica – ricorda Cocchi – dà accesso a tutta una serie di servizi, dalla possibilità di incontrare gli assistenti sociali fino all’iscrizione al centro per l’impiego. Requisiti che servono anche per dimostrare di essere disponibili all’assunzione”. Diritti che i richiedenti asilo si vedono negati in conseguenza del rifiuto all’iscrizione anagrafica.

Si è chiusa intanto alla mezzanotte di oggi la possibilità di regolarizzare i lavoratori migranti in nero. Poco più di centomila le richieste inoltrate, dato che non fotografa la reale situazione del Paese.
Le ragioni, secondo le associazioni dei migranti, sono da ricercare nella formulazione stessa di questa sanatoria, che viene definita un dispositivo per l’esclusiva di massa.

“Il governo Monti, – spiega Cocchi – nonostante la direttiva europea volesse colpire il lavoro gravemente sfruttato, si è disinteressato dei diritti dei lavoratori migranti ed ha pensato ad una sanatoria per i datori di lavoro”.
L’ingente contributo economico e la soglia del 31 dicembre 2011 per la possibilità di presentare le domande hanno trasformato la sanatoria in un sostanziale flop.
“Il governo sembra voler dire – conclude l’attivista – che per essere regolarizzati occorra fare un lungo periodo di clandestinità e non basti qualche mese di lavoro sul suolo italiano”.