Nella notte l’Europa ha trovato un accordo sull’accoglienza di 100mila migranti nei Balcani, ma per avere diritti è necessario essere identificati. Intanto l’Asgi chiede chiarimenti al governo italiano proprio sulla natura degli hotspots, i centri di prima accoglienza, trasformati in centri di identificazione.

Identificazione migranti: come cambia l’accoglienza

100mila posti nei Paesi toccati dalle rotta dei Balcani, soprattutto in Grecia, scambio di informazioni sui flussi tra Paesi, rimpatrio di migranti economici, rafforzamento dei controlli alle frontiere, fornitura di acqua, cibo, riparo e assistenza medica con l’aiuto dell’Unhcr, ma soprattutto: identificazione per poter avere accesso a qualunque diritto.
Sono i principali punti dell’accordo trovato nella notte in sede europea sull’emergenza immigrazione, al quale hanno partecipato Paesi non membri, come Macedonia e Serbia, insieme ad Austria, Bulgaria, Croazia, Germania, Grecia, Ungheria, Romania e Slovenia.

“I migranti devono essere registrati: senza, non avranno alcun diritto”, ha detto chiaramente il presidente della Commissione, Jean Claude Junker, che ha anche spiegato che ora è arrivato il momento di “mettere in pratica l’accordo trovato”.
Il piano prevede 17 punti che hanno l’obiettivo di “aumentare la capacità di fornire rifugio temporaneo, cibo, acqua e assistenza sanitaria, a quanti ne abbiano bisogno attivando, quando necessario, il meccanismo di Protezione Civile Ue”.
Protagonista sarà la Grecia, che aumenterà la sua capacità di accoglienza per 30.000 nuovi posti entro la fine dell’anno e con il sostegno dell’Unhcr fornirà sussidi e programmi di ospitalità familiare ad altri 20.000.

Sulle identificazioni, però, in Italia si è aperto un fronte legale. L’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi) ha scritto al Ministero dell’Interno per chiedere conto della natura giuridica degli “hotspots”, i centri di prima accoglienza.
“Le forze di polizia e le autorità di pubblica sicurezza – si legge nel documento dell’associazione – sembrano avere modificato le prassi circa il soccorso, l’identificazione e l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei migranti stranieri soccorsi e sbarcati”.
In particolare si segnalano molti casi di provvedimenti di respingimento adottati dai Questori, attuati prima che potessero effettivamente manifestare la loro volontà di presentare domanda di asilo. Provvedimenti adottati soprattutto in Sicilia e nell’ambito dei 4 “hotposts” di recente attivazione.

Migranti identificati, sottoposti a rilievi fotodattiloscopici, catalogati in richiedenti asilo o migranti economici e successivamente inviati alle strutture di accoglienza per richiedenti asilo o fatti oggetto di provvedimenti di respingimento per ingresso illegale e poi lasciati sul territorio italiano senza alcuna misura di accoglienza, non essendo comunque possibile alcun rimpatrio.
Misure che gli avvocati giudicano illegittime. “La normativa italiana non consente in alcun modo di utilizzare la forza per vincere la resistenza passiva dei cittadini stranieri che si rifiutano di farsi identificare“, spiega la nota di Asgi.

Non solo. Secondo la legge, ogni straniero soccorso in mare e sbarcato ha il diritto di ricevere informazioni complete e comprensibili sulla sua situazione giuridica e ha il diritto di manifestare in qualsiasi momento la volontà di presentare domanda di asilo, non può essere respinto od espulso senza una valutazione completa della situazione della persona, specialmente se semplicemente in base alla provenzienza, e non può essere sottoposto a misure coercitive per i rilievi fotodattiloscopici, né può essere trattenuto con misure coercitive al solo fine di essere identificato.