Migranti rimpatriati forzatamente: la battaglia contro la barbarie

Cinque sudanesi rimpatriati forzatamente dall’Italia lo scorso agosto hanno fatto ricorso alla Corte di Strasburgo. Per l’Asgi l’Italia viola la Carta europea dei Diritti dell’Uomo. La battaglia contro la barbarie passa per via legale, anche sull’illegittimità contabile. L’avvocato Fachile: “Non basta, serve una mobilitazione della società civile, altrimenti quello che accade ai migranti oggi potrebbe accadere domani ad altre categorie deboli”.

Prima i rastrellamenti etnici, poi i rimpatri forzati in Paesi non sicuri, dove le dittature non garantiscono il rispetto dei diritti umani. Diventa una battaglia giudiziaria il caso del rimpatrio forzato di cittadini sudanesi, avvenuto l’agosto scorso a Ventimiglia.
Il ministero degli Interni, allora guidato da Angelino Alfano, ordinò il rimpatrio di una cinquantina di migranti sudanesi, in virtù di un memorandum, tenuto segreto fino a quel momento, con il Paese africano, il cui presidente ha due mandati di cattura internazionale pendenti.

Ora cinque di quei migranti rimpatriati hanno deciso di fare ricorso e vengono assistiti dagli avvocati dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi).
“Abbiamo presentato ricorso alla Corte di Strasburgo – racconta ai nostri microfoni l’avvocato Salvatore Fachile – perché si è trattata di un’espulsione collettiva, vietata dalla Carta europea dei Diritti dell’Uomo e dall’articolo 19 del Testo Unico sull’Immigrazione italiano”.

La legge, infatti, dice che non è possibile effettuare espulsioni verso Paesi che violano sistematicamente i diritti umani.
Ad essere violato, però, non è solo il principio di non-refoulement, di non respingimento, che tutela i richiedenti asilo.
“Il ricorso ha un’impronta più ampia – spiega Fachile – e riguarda il divieto di respingimento di chiunque, non solo dei richiedenti asilo, verso quei Paesi”.
Su questo tema l’Italia ha già subito una condanna europea, in particolare ai tempi di Roberto Maroni, quando il nostro Paese consegnava ai militari libici i migranti intercettati in mare.

Nonostante la condanna di qualche anno fa, il nostro Paese sta riproducendo gli stessi meccanismi, anche sulla spinta dell’Europa.
La politica dei memorandum e degli accordi internazionali, firmati dall’Ue con la Turchia o dall’Italia con la Libia, ha l’obiettivo di esternalizzare le frontiere nel tentativo di fermare i flussi migratori. Il problema, però, è che si fanno accordi con Paesi dove il rispetto dei diritti umani non è garantito, in barba alle convenzioni internazionali.

Quello giuridico, dunque, è uno dei piani con cui si cerca di ripristinare in Europa il rispetto dei più basilari princìpi e diritti umani. “Queste politiche presentano molti profili di illegittimità giuridica – spiega l’avvocato – Un altro aspetto che stiamo seguendo è l’illegittimità contabile, poiché si utilizzano i soldi della cooperazione internazionale, che fino a ieri servivano a costruire pozzi e scuole, per pagare i militari di Paesi dittatoriali affinché sparino sui migranti”.

Per Fachile, però, l’arma giuridica non è l’unica possibile e nemmeno la più importante. Ciò che occorre è che vi sia una mobilitazione popolare, dal momento che a rischio è il fondamento stesso della società civile moderna.
“Se oggi passa il concetto che queste persone che fuggono sono carne da macello, si può sparare loro addosso – osserva l’esponente dell’Asgi – significa domani fare lo stesso con categorie che storicamente vengono subito dopo gli stranieri, quanto a debolezza e aggredibilità, come donne o disabili”.