L’inchiesta della dda di Milano sulla famiglia Laudani, che controllava 200 punti vendita di Lidl, testimonia l’interesse e il business della criminalità organizzata nell’agroalimentare, dalla produzione passando per la logistica e arrivando alla grande distribuzione. 12,5 miliardi il giro d’affari delle mafie nel settore. L’intervista a Marco Rizzo, autore di “Supermarket mafia – A tavola con Cosa Nostra”.

Mafie e Supermercati: l’analisi di Marco Rizzo

Quello che mangiamo potrebbe essere “made in mafia”. È un’affermazione forte, ma il business della criminalità organizzata nell’agroalimentare è così forte e radicato, che il giro d’affari si aggira attorno ai 12,5 miliardi di euro.
A commentare ai nostri microfoni l’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, che lunedì scorso ha portato al fermo di 15 persone e ha svelato gli affari della famiglia mafiosa catanese Laudani nei supermercati Lidl e persino nella sorveglianza del Tribunale di Milano, è Marco Rizzo, autore del libro “Supermarket mafia – A tavola con Cosa Nostra“, edito da Castelvecchi, con un nuovo libro sul tema in uscita a giugno per Melampo.

“Quelle famiglie mafiose sono già state oggetto di indagini e processi e sono arrivate anche alcune condanne”, osserva Rizzo, che nel suo libro parla delle inchieste degli anni scorsi sui punti vendita Despar, sugli affari del clan Santapaola e del processo al Re Mida, Giuseppe Grigoli, prestanome di Messina Denaro e della grande distribuzione.
“Evidentemente ciò non basta – continua il giornalista e scrittore – perché, da un lato, su alcuni territori c’è ancora un forte atteggiamento omertoso e, dall’altro, servirebbe che la società civile si risvegliasse attraverso il consumo critico“.

L’appetito delle mafie per il settore dell’agroalimentare, del resto, è molto antico. È dalla terra, dai latifondi siciliani nell’Ottocento, o il “campiere” che boss del calibro di Tano Badalamenti o Matteo Messina Denaro hanno cominciato la loro ascesa nel crimine. Ed è proprio dai terreni coltivati che inizia la filiera in cui la mafia prova crea un business e il proprio potere. Lo sfruttamento dell’immigrazione clandestina, le minacce agli agricoltori, il racket nel mercato della frutta e della verdura, fino al trasporto su ruota che porta il cibo nei supermercati: le mafie attingono da un settore cruciale e florido sin dalle fondamenta.

Spesso l’assenza dello Stato e di opportunità di lavoro è terreno fertile per la mafia. “Si crea una rete tale – spiega Rizzo – per cui il posto di lavoro al supermercato diventa merce di scambio elettorale che viene gestita da un politico, ad esempio un consigliere comunale, che è in contatto con la mafia”.
Le mega-inchieste sul tema si susseguono e, osserva il giornalista, si spostano sempre più a nord, dove ci sono i soldi.