Il day after l’attacco a Westminster comincia con otto arresti e poche certezze. L’identità dell’assalitore resta nell’ombra e le uniche evidenze fornite da Scotland Yard riguardano il bilancio delle vittime, quattro in tutto: l’aggressore, due civili e un poliziotto. Aldo Giannuli mette in dubbio la matrice dell’attentato: “I pochi elementi fanno più pensare a un gesto di uno spostato”.

La Gran Bretagna si è svegliata stamani con la notizia del raid effettuato nella notte dalla polizia delle Midlands occidentali a Birmingham, in seguito al quale si registrano otto arresti. L’identità dell’aggressore di Westminster resta ignota, ma l’ipotesi secondo la quale egli provenisse dalla contea delle West Midlands sembra essere la più accreditata.

Accantonate le congetture che vedevano dietro l’attacco di ieri Trevor Brooks, noto alla polizia britannica in quanto portavoce dell’islam radicalizzato nel Regno Unito, l’unico dato certo è che l’assalitore abbia agito da solo. L’operazione condotta a Birmingham dalla polizia britannica è indirizzata proprio a ricostruire le dinamiche preventive all’attacco, per capire se si sia trattato di un cane sciolto o di un affiliato ad una cellula terroristica.

Lo storico e saggista Aldo Giannuli, esperto di servizi segreti, sostiene fermamente che elementi riconducibili ad una qualche rete terroristica internazionale siano esigui, se non praticamente inesistenti: “C’è stato un attacco terroristico? A me non pare. Non sappiamo chi è l’attentatore, non ne conosciamo nazionalità e collocazione religiosa, non aveva un mitra o una cintura esplosiva, non ha urlato Allah Akbar, e non è stato trovato un drappo dell’Isis”.
Secondo Giannuli, dunque, un tipo di azione come questa non riprende, bensì ridicolizza l’eventuale attività terroristica, in quanto nessuna organizazzione avrebbe sfruttato una platea del genere per un’azione, sostiene “di scarsa pericolosità”.

L’invito è, quindi, quello di mantenere il sangue freddo e la razionalità, concentradosi piuttosto sul movente del disturbo psichico e della marginalizzazione sociale.
“Sicuramente ci sono dei morti – continua Giannuli – ma il terrorismo è qualcosa di più grave. Qui siamo di fronte ad un episodio simile a quello che accadde in Germania quando alcune persone psichicamente disturbate accoltellarono dei passanti. Bisogna, piuttosto, fare i conti col fatto che noi abbiamo abbassato la guardia tagliando sui centri di igiene mentale, e ci è sfuggita di mano una fascia di malessere psicologico che ai bordi delle nostre società esiste”.

Giannuli sottolinea l’importanza di non etichettare qualsiasi cosa come terrorismo, onde prevenire eventuali difficoltà nel riconoscere, e quindi combattere, il terrorismo stesso. Il rischio – secondo l’intervistato – secondo cui l’aggressore potesse essere stato “ispirato” dalla campagna di proselitismo jihadista sussiste ma non è sufficiente a parlare di attentato.

Proprio nelle ultime ore, il ministro della Difesa britannico Michael Fallon ha rilasciato dichiarazioni secondo cui l’assalitore sarebbe stato ispirato dal terrorismo internazionale, senza chiarire che grado di coinvolgimento esistesse con eventuali cellule presenti nel Regno Unito.

Al di là dall’effettivo movente che abbia innescato i tragici fatti delle ultime ore, il tema delle sicurezza interna in Gran Bretagna prescinde, secondo Giannuli, dal clima politico post-Brexit. La prospettiva di un’effettiva coordinazione tra le intelligence degli stati europei, di cui la stampa internazionale ha spesso sottolineato la necessità su base comunitaria e non solo nazionale, resta una fantasticheria:
“Non esiste servizio segreto che sia realmente disponibile a socializzare le proprie informazioni con altro servizio segreto per quanto alleato. Ciascuno ha i suoi infiltrati – sostiene Giannuli – e ciascuno ha i suoi giochi più o meno coperti. Si può condividere una banca dati, delle segnalazioni, ma non piu di questo. Il coordinamento tra servizi segreti è sempre un incontro tra fidanzati fedifraghi”.

Cristiano Capuano