Domani, 19 dicembre, l’Assemblea legislativa della Regione Emilia Romagna discuterà e (salvo sorprese) approverà la nuova legge urbanistica regionale. Nonostante le promesse sullo stop al consumo di suolo, per molti la legge non fermerà il cemento. Legambiente Emilia Romagna darà vita ad un presidio durante la discussione: “La legge ha troppe deroghe”.

Cosa aspettarsi dalla nuova Legge Urbanistica

Dopo un iter durato un anno, la nuova legge urbanistica regionale arriva al rush finale. Domani, infatti, l’Assemblea Legislativa discuterà e (salvo sorprese) approverà il testo che in questi mesi ha sollevato più di una perplessità tra gli urbanisti e più di una protesta tra gli ambientalisti.
Se uno degli obiettivi con cui è stata presentata alla stampa e alla cittadinanza è lo stop al consumo di suolo, infatti, sono molti a dire che questa legge non fermerà affatto la cementificazione di suolo vergine.

Le ragioni vengono sintetizzate in due punti da Legambiente, che proprio domani sarà sotto il Consiglio regionale a protestare durante la discussione del provvedimento.
“Da un lato il consumo di suolo subirà un’accelerazione – spiega ai nostri microfoni Lorenzo Frattini, referente regionale dell’associazione ambientalista – perché per i primi tre anni dalla sua entrata in vigore i Comuni beneficeranno di procedure semplificate e di un periodo franco per poter attuare le previsioni dei Piani oggi vigenti”.

Il secondo elemento, come più volte ribadito anche da numerosi urbanisti convocati da Sinistra Italiana e L’Altra Emilia Romagna, è rappresentato dalle deroghe. Tante, troppe quelle presenti nella legge, in particolar modo per quanto riguarda l’ampliamento o gli insediamenti produttivi o interventi che la Regione stessa reputa strategici.
“Per fare un esempio – osserva Frattini – interventi come quello della Philip Morris nel territorio di Bologna sfuggerebbero completamente ai vincoli della legge”.

In Italia, però, la classe politica al potere ha spesso contrapposto gli interessi economici a quelli ambientali, specie in una fase dove la crisi economica ha reso centrale il tema del lavoro.
Eppure, secondo Legambiente, i due interessi non sono contrapposti. “Da un lato perché occorre puntare sulla rigenerazione urbana e avviare una stagione di riqualificazione dell’esistente – sottolinea Frattini – dall’altro perché esistono veramente tantissime zone inutilizzate e capannoni vuoti. Non si capisce perché un’azienda che deve allargare le proprie attività debba farlo sul suolo vergine”.

Frattini cita anche esempi di importanti aziende sul territorio regionale, da Alce Nero a Pizzoli nel bolognese, fino a Chiesi Farmaceutici a Parma, che stanno realizzando nuove sedi in zone degradate che vengono così recuperate.
Del resto, le conseguenze del consumo di suolo sono comunque a detrimento dall’economia: dalla riduzione della produzione alimentare, fino all’aumento delle alluvioni dovuto alla diminuzione della superficie di assorbimento dell’acqua, problema che in questi giorni i cittadini reggiani conoscono bene.

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