Renzi si è dimesso (o quasi) ma resta in sospeso il problema delle legge elettorale. L’Italicum dava per scontato il “Sì alla riforma” e ora manca la legge per il Senato. Inoltre non è scontata la pronuncia della Corte Costituzionale, attesa per il 24 gennaio. Dopo il referendum, intanto, molte forze politiche cambiano idea sulla legge elettorale.

Il governo Renzi sembra arrivato al capolinea dopo la netta bocciatura della riforma costituzionale avvenuta domenica, ma nell’annunciare le proprie dimissioni Renzi ha omesso di dire che la legge elettorale (già approvata) promossa dal suo governo non potrà essere applicata al Senato. L’Italicum, infatti, è stato scritto dando per scontata l’approvazione della riforma, che prevedeva l’eliminazione del Senato elettivo.
Il risultato è che in questo momento abbiamo una legge elettorale valida soltato per un ramo del Parlamento, la Camera, mentre per il Senato il sistema attualmente vigente è il cosidetto Consultellum: un proporzionale quasi puro, ciò che resta del Porcellum a seguito della sentenza 1/2014 che lo ha dichiarato parzialmente incostituzionale.

“Di fatto – spiega Claudio De Fiores, docente di Diritto Costituzionale e membro del Comitato per il No – abbiamo una legge ipermaggioritaria per la Camera e una legge proporzionale per il Senato. Questo è un po’ il quadro che induce a pensare ad una riforma elettorale in poco tempo”.
Sull’opportunità di questa riforma i partiti si sono divisi fin da subito. Il M5S ha chiarito già domenica notte la volontà di andare subito al voto, nonostante fossero stati proprio i pentastellati, a settembre, a dichiarare che l’Italicum va cambiato perchè antidemocratico e incostituzionale.

La coerenza non è l’unico problema di Grillo, dal momento che l’Italicum si trova sotto l’esame della Corte Costituzionale, secondo la quale potrebbe avere “fino a sei profili di incostituzionalità”.
“È evidente che l’Italicum potrebbe avvantaggiare notevolmente il M5S – sottolinea De Fiores – che è la ragione che induce gran parte dello schieramento politico contrario a ipotizzare soluzioni alternative. Però c’è un passaggio fondamentale con il quale dobbiamo fare i conti ed è la sentenza della Corte Costituzionale, che deciderà il 24 gennaio. Molto probabilmente la Corte interverrà su alcuni punti dell’Italicum, che potrebbero essere il ballottaggio e l’ampio premio di maggioranza. Ma esiste anche l’eventualità che la Corte travolga l’intera legge elettorale per la violazione di alcuni vizi di forma. Per esempio la legge è stata approvata con un voto di fiducia e ciò sarebbe in contrasto con quanto previsto dall’art. 72 della Costituzione”.

D’altronde, anche se si decidesse di procedere alla stesura di una nuova legge elettorale, non sarà facile mettere d’accordo i membri del Parlamento. “Questo sarebbe accaduto in ogni caso – sottolinea De Fiores – sia con la vittoria del sì sia con la vittoria del no. Si diceva che nel caso in cui avesse vinto il Sì si sarebbe proceduti a una riforma dell’Italicum. È stato un punto di ingenuità. È chiaro che una delle cose più difficili da fare è una legge elettorale, e in questo momento ci sono tanti interessi contrapposti”.
Infine, resta il fatto che se andassimo a votare con l’Italicum avremmo due leggi elettorali molto diverse per Camera e Senato, e questo “molto probabilmente porterebbe alla formazione di due maggioranza diverse” conclude De Fiores.

Anna Uras