Ha fatto tappa questa mattina a Bologna il furgoncino della CGIL nazionale che, partito da Aosta lo scorso 12 febbraio, promuoverà la raccolta firme a sostegno di una nuova legge di iniziativa popolare sugli appalti. Domani sarà la volta di Modena e in particolare delle zone terremotate dei comuni di Mirandola, Concordia, Finale Emilia, San Possidonio e Cavezzo.

Cinquantamila le firme necessarie per obbligare il Parlamento a discutere di una norma che risponde all’esigenza, sempre più sentita, di tutelare i lavoratori impiegati in appalti sotto il profilo della sicurezza e del rispetto degli obblighi retributivi e contributivi. Sinteticamente i contenuti della proposta di legge della CGIL sono: la garanzia dei trattamenti dei lavoratori impiegati negli appalti privati e pubblici, il contrasto alle pratiche di concorrenza sleale tra le imprese e la tutela dell’occupazione nei cambi di appalto.

“Nella gestione degli appalti non esistono più le necessarie condizioni di garanzia”- ha spiegato il segretario bolognese della CGIL Maurizio Lunghi– troppo spesso i contratti collettivi nazionali di lavoro non vengono applicati e non si tiene conto della sicurezza del lavoratore”. Un tema, quello della sicurezza, di cui si parla soltanto dopo drammatici incidenti e sul cui potenziamento e investimento le aziende continuano a mostrarsi riluttanti. Di appalto in subappalto la condizione dei lavoratori subisce un oscuro rovesciamento. La garanzia dell’applicazione del contratto collettivo di lavoro assicurata dal vincitore originario dell’appalto viene persa quando l’opera passa nelle mani del suo appaltatore di prima, seconda o terza fascia.

Secondo il sindacalista un altro grande motivo di scontento in tema di appalti è contenuto nel Jobs act: per effetto dell’art 7 del Decreto emanato il 24 dicembre dal Governo, nel cambio di appalto i vecchi assunti rischiano di trovare lavoro presso l’azienda subentrante solo accettando un contratto “a tutele crescenti”. Dunque, nei fatti, lavoratori con anzianità di servizio anche significative ma “colpevoli” di lavorare in regime di appalto o concessione si potranno trovare nella condizione di essere licenziati loro malgrado e loro malgrado riassunti senza le tutele dell’articolo 18.
La campagna di raccolta firme della Cgil, che secondo alcune stime ha già raggiunto il quaranta per cento dell’obbiettivo finale, potrà essere firmata anche da cittadini e cittadine formalmente privi di cittadinanza nella piena convinzione che anche coloro che risiedono da tempo nel nostro Paese e abbiano intenzione di inserirsi, siano direttamente interessati e abbiano il diritto di partecipare a questa lotta comune per i diritti dei lavoratori.

Alice Benatti