Per la seconda volta Papillon vince una causa contro il Comune sulla designazione del garante per i diritti dei detenuti. Il Consiglio di Stato sospende Elisabetta Laganà. Guizzardi: “Non gioiamo, quello del Comune è uno spreco di soldi pubblici per favorire amici”.

Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato dall’associazione Papillon, che difende i diritti dei detenuti, contro il Comune di Bologna per la designazione del garante delle persone private della libertà personale. È la seconda volta che l’associazione vince una causa contro Palazzo D’Accursio e anche in questa occasione il merito è la figura di Elisabetta Laganà, che ora è stata sospesa proprio dalle funzioni di garante.
“Ora aspettiamo che si esprima il Tar – osserva Valerio Guizzardi, portavoce di Papillon – ma essendo un organo gerarchicamente inferiore al Consiglio di Stato, è naturale che si vada verso la deposizione della dottoressa Laganà”.

La vicenda riguarda la nomina del garante delle persone private della libertà personale, una figura di garanzia per il rispetto dei diritti dei detenuti. Papillon ha sollevato diverse obiezioni rispetto alla procedura con cui il Comune è arrivato al nome di Laganà, la più importante riguarda delle irregolarità compiute da Palazzo D’Accursio.
“La commissione Affari Costituzionali del Comune – spiega Guizzardi – ha tenuto una riunione per l’elaborazione dei requisiti richiesti alla figura del garante prima che fosse chiuso il bando. In questo modo alcuni partecipanti potevano aggiustare il proprio curriculum e presentarlo in base ai requisiti richiesti”.
Queste ed altre obiezioni sono dunque state accolte dal Consiglio di Stato che ha deciso di sospendere Laganà.

“Chissà se ora il Comune vorrà nominarla per la terza volta – si domanda Guizzardi – Noi non gioiamo per la sentenza, perché ci interessa solo il rispetto dei diritti dei detenuti. Speriamo che il prossimo garante, a differenza di Laganà, si faccia vedere alla Dozza. Spiace però che il Comune, per favorire alcuni amici, abbia speso tanti soldi pubblici, probabilmente almeno 20mila euro”.